Esteri

Due anni di guerra in Yemen e nessuna prospettiva

Il 25 marzo del 2015, 150.000 soldati e 100 aerei dell'aviazione saudita entravano nel territorio dello Yemen per colpire le postazioni dei ribelli Houthi con lo scopo di fermarne l’avanzata e reinsediare il presidente deposto Abd Rabbih Mansour Hadi. Con questa azione comincia in modo aperto ed esplicito la guerra che da due anni sta spaccando il più povero tra i Paesi della Penisola araba.

Storica celebrazione cattolico-luterana in Germania

C’erano anche la cancelliera Angela Merkel e il pastore Olav Fykse Tveit segretario generale del Cec, il Consiglio ecumenico delle chiese, all’importante appuntamento di sabato 11 marzo presso la Michaeliskirche di Hildesheim in Bassa Sassonia. La Chiesa evangelica in Germania (Ekd) e la Chiesa cattolica tedesca hanno partecipato insieme ad una liturgia penitenziale e ad una preghiera di riconciliazione comune, ennesimo tassello di una costruzione ecumenica sempre più solida che sembra relegare ai libri di storia le divisioni e le incomprensioni del passato.

Pronti anche in Francia i corridoi umanitari sul modello italiano

Ci siamo. Dopo l’annuncio delle scorse settimane anche la Francia è pronta a dare il via ai corridoi umanitari sul modello di quanto sta avvenendo in Italia da circa un anno. Il modello sarà sostanzialmente lo stesso, così come gli attori protagonisti che saranno Sant’Egidio, la Federazione protestante di Francia, la Diaconia protestante e la Caritas cattolica, coordinati da ministero dell’Interno e da quello degli Esteri.

L’Ungheria è sempre più chiusa

Martedì 7 marzo il Parlamento ungherese ha approvato una nuova legge sulla gestione dei richiedenti asilo, che prevede un atteggiamento molto duro nei confronti di chi attraversa i confini del Paese per chiedere la protezione internazionale. La normativa votata da un’ampia maggioranza parlamentare impone che tutti i richiedenti asilo vengano detenuti in campi profughi gestiti dal governo per tutto il tempo necessario ad esaminare la loro richiesta.

La Brexit lacera il Nord Irlanda

È una donna cattolica di nome Michelle O'Neill la vincitrice morale delle elezioni in Nord Irlanda: una tornata elettorale che ha registrato la più alta affluenza dal 1998 (64,8%), in un paese dove soltanto dieci mesi fa aveva votato il 54,9% degli aventi diritto. Succeduta appena quarantenne all’ex comandante dell’Ira Martin McGuinnes, O’Neill è la prima leader dello Sinn Féin a non aver preso parte alla lotta armata che insanguinò i «The Troubles»; un volto diverso che forse anche per questo ha condotto il partito repubblicano ad un risultato storico.

Negli Usa il progetto di una moschea divide la popolazione

Un progetto per la costruzione di una moschea nella cittadina di Bayonne, nel New Jersey, ha spaccato in due la popolazione. Al culmine di mesi di discussioni e dibattiti dai toni spesso tempestosi lunedì 6 marzo l’amministrazione comunale ha messo la parola fine, per ora, alla questione. Opponendo il proprio rifiuto all’apertura di un luogo di culto per la comunità islamica della città, 65 mila abitanti a una trentina di chilometri dal centro di New York.

Anche in Germania si discute sul fine vita

Non è certo il nostro il solo paese in cui le questioni legate al fine vita e alle cure ad essa connessa interrogano i legislatori. I continui progressi scientifici e le sensibilità sociali e giuridiche in materia sono variabili in costante mutazione, che richiedono quindi continue analisi. In questi giorni una sentenza di un giudice apre le porte al suicidio assistito in Germania, limitatamente a precisi casi estremi, suscitando le reazioni delle principali denominazioni cristiane del paese.

Visti umanitari, un’occasione persa

Con la sentenza emessa martedì 7 marzo, la Corte europea di Giustizia di Lussemburgo ha chiarito che i Paesi membri dell’Unione europea non sono obbligati ad accordare visti di ingresso umanitari a tutti i rifugiati, ma possono regolarsi secondo le norme in vigore caso per caso.

La causa, etichettata come C-638/16, era arrivata alla Corte europea in seguito al ricorso portato avanti da una famiglia siriana, originaria di Aleppo, che si era vista rifiutare dal Belgio un visto di 90 giorni richiesto per motivi umanitari.

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