Una «Casa» comune per tutti
11 novembre 2016
Una chiamata interreligiosa all’azione firmata alla quarta sessione del vertice cristiano-musulmano a Teheran
Musulmani sciiti e sunniti, anglicani, ebrei e cattolici hanno ricordato che «l’odio, l’umiliazione e la persecuzione nate da interpretazioni distorte della Bibbia o del Corano, offendono Dio».
Una dichiarazione contenuta nella chiamata all’azione (Call to Action) e firmata in occasione della quarta sessione del vertice cristiano-musulmano che si è tenuto questa settimana nella Capitale iraniana, a Teheran. I capi religiosi hanno condannato «le tendenze aggressive e gli atti criminali contro le nazioni, i gruppi e tutti i singoli individui».
La notizia è apparsa oggi sul servizio di informazione della Comunione anglicana (Anglican Communion, news service a firma di Gavin Drake) e ricorda che i leader religiosi si sono espressi anche sul tema di genere e a tutela dei minori: «proprio le donne, i bambini, così le minoranze religiose ed etniche sono i primi obiettivi di questa errata interpretazione dei testi sacri». Altresì la presenza delle donne è «vitale e indispensabile» nel cammino del dialogo interreligioso: «le donne rappresentano e ci ricordano quanto l’impatto violento di questa distorte interpretazioni sia sproporzionato, ma anche quanto il ruolo delle donne come mediatrici culturali e per la pace e il dialogo sia fondamentale per tutti coloro che sono emarginati e vulnerabili».
Qualsiasi interpretazione ideologica o manipolazione del significato dei rispettivi testi religiosi, continua l’appello: «non può essere tollerata. Esprimiamo dunque la nostra preoccupazione e chiediamo che ovunque venga garantita parità di trattamento e che questo sia equo e compassionevole per tutti gli esseri umani».
Call to Action, esprimendosi sul tema del rispetto della dignità umana, fondamento di pace e sicurezza per tutti, condanna anche «le pratiche abominevoli di sequestro e conversione di giovani ragazze perpetrato da uomini più grandi, ovunque si verifichino questi atti».
Il documento circa la protezione delle minoranze religiose ricorda che: «il concetto di credente e di non credente (Mumin/kafir) non dove pregiudicare i diritti dei cittadini e i rapporti sociali». La manipolazione delle leggi sulla blasfemia non possono dunque dar vita o autorizzare nessuno a comportamenti criminali, così come non si devono praticare limitazioni religiose a chi emigra in paesi in cui la religione di maggioranza può essere diversa.
I leader religiosi hanno, infine, espresso amarezza e timore per il modo con il quale, a volte, i testi religiosi vengono mal interpretati, «strumentalizzati, distorti per giustificare e facilitare atti di odio, discriminazioni, esclusioni, violenze e atti terroristici» chiedendo una «rinnovata comprensione delle credenze religiose e dei testi valorizzandone i principi indirizzati al rispetto alla dignità e ai diritti».
Dunque saper leggere, rileggere e interpretare testi sacri nel contesto in cui si vive, ma anche essere preparati a difendere le proprie tradizioni religiose. Utilizzare la propria capacità di critica e di analisi rispetto a tradizioni o testi che, se letti con rigida esegesi, potrebbero essere causa di attriti e incomprensioni: «la volontà di essere auto-critici può costituire il modo più significativo per contrastare ogni forma di fanatismo».
Questo «Invito all’azione» è stato firmato in rappresentanza delle delegazioni intervenute al summit dall’Ayatollah Sayyed; dal professor Mostafa Mohaghegh Damad, direttore degli studi islamici presso l’Accademia delle Scienze Iran; Shaikh Dr Mahdi al-Sumaidaei, gran Mufti dei musulmani sunniti in Iraq; Il cardinale John Onaiyekan, arcivescovo dell'Arcidiocesi cattolica di Abuja in Nigeria; il vescovo John Chane, consulente senior sul dialogo interreligioso a Washington National Cathedral negli Stati Uniti.
Nella delegazione Anglicana, anche Giosia Idowu-Fearon, segretario generale della Comunione Anglicana; l’arcivescovo Paul Kwong, primate di Hong Kong e presidente del Consiglio consultivo anglicano; il reverendo Chloe Breyer, direttore esecutivo del Centro Interconfessionale di New York; Ruth Frey, ufficiale maggiore di programma per la Giustizia e la Riconciliazione alla Trinity Church di Wall Street a New York e il reverendo John Peterson, direttore del Centro per la giustizia globale e la riconciliazione a Washington National Cathedral e co-coordinatore per i vertici cristiani e musulmani. Hanno partecipato anche i rappresentanti della chiesa ortodossa armena, leader ebrei e zoroastriani.
I delegati continueranno il lavoro costruendo una rete di dialogo e di interazione tra i centri e le organizzazioni inter-religiose in varie parti del mondo. «Così facendo, crediamo fermamente di glorificare Dio e di costruire un mondo migliore pacifico e sicuro, una casa comune piena di gioia per ogni persona, una casa fatta di armonia, di amore, di rispetto, di uguaglianza e di giustizia».