Corridoi umanitari in Svizzera?
12 aprile 2017
Il dibattito lanciato dalla Comunità di Sant’Egidio di Losanna e le perplessità legate alla legislazione elvetica
Fonte: Joël Burri – Protestinfo
Il modello dei Corridoi umanitari è stato lanciato in Italia. La Francia l’ha appena adottato e il Belgio si è dimostrato interessato. Invece di lasciare che i siriani cerchino di raggiungere l’Europa ricorrendo agli scafisti, le chiese protestanti italiane, in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio, si sono impegnate a prendere in carico alcuni fra i migranti più vulnerabili. L’ambasciata di Beirut rilascia loro un visto umanitario, ed essi possono giungere con un volo di linea nella penisola, dove fanno domanda d’asilo. Il vantaggio è che in questo modo evitano di rischiare la loro vita in mare e di alimentare il mercato senza legge degli scafisti, un giro d’affari da quasi 14 miliardi di euro all’anno. Il vantaggio per il paese che accoglie è che i richiedenti asilo più vulnerabili sono oggetto di una prima selezione in partenza.
Sensibile all’emergenza umanitaria, e constatando che le quote di persone accolte per le quali la Svizzera si è impegnata negli ultimi anni sono lungi dall’essere raggiunte, la Comunità di Sant’Egidio di Losanna ha lanciato il dibattito: «Presto un corridoio umanitario verso la Svizzera?».
Lo scorso venerdì 7 aprile, di fronte a un centinaio di persone, una tavola rotonda ha cercato di rispondere a questa domanda. Tra i partecipanti, i consiglieri nazionali Ada Marra e Carlo Sommaruga.
Quest’ultimo ha ricordato che il modello italiano non è per il momento compatibile con la legislazione svizzera: «La Svizzera considera che una volta che hanno lasciato il territorio del paese in cui sono perseguitati, i futuri richiedenti asilo sono al sicuro. Le ambasciate dei paesi vicini non possono quindi concedere dei visti umanitari. Potete immaginare che per un siriano rifugiato in Libano, è impossibile tornare a Damasco per chiedere un visto umanitario. Comunque, qui l’ambasciata svizzera è chiusa».
Gli altri interventi hanno citato alcune cifre per richiamare la complessità della situazione. 65 milioni di profughi nel mondo. L’80% nel loro paese. Più di 5 milioni di siriani rifugiati fuori dal loro paese, principalmente nelle nazioni limitrofe: più di un milione in Libano, un paese di soli 6 milioni di abitanti. Il paese ha largamente superato la soglia di accoglienza e le condizioni sono diventate deplorevoli.
Bisogna cambiare la legge per rendere possibile l’apertura di corridoi umanitari verso la Svizzera? «Voi che siete presenti qui oggi avete un rapporto positivo e aperto di fronte alla questione dell’immigrazione. Ma non bisogna farsi illusioni: la maggioranza non è dalla nostra parte», si è rammaricata Ada Marra. «La legge sull’asilo è quella che viene più spesso rimessa sotto esame, ma bisogna riconoscere che in Europa e in Svizzera, stiamo costruendo una fortezza piuttosto che cercare di garantire l’accoglienza». E Carlo Sommaruga aggiunge: «Sarebbe rischioso presentarsi in Parlamento con una proposta di corridoio umanitario. Oggi, non c’è la maggioranza nel Consiglio nazionale. Un dibattito su questo tema porterebbe a una netta chiusura».
Tuttavia, è importante per le Chiese e altri gruppi della società civile mettere in campo proposte di accoglienza. Le autorità federali e cantonali sono pronte a collaborare con iniziative e movimenti, testimonia il canonico Claude Ducarroz citando la sua esperienza con il movimento friburghese Osons l’accueil! (Osiamo l’accoglienza). Il movimento è nato in seguito alle manifestazioni contro un centro d’accoglienza. «Noi volevamo semplicemente dimostrare che da noi c’è ancora un po’ di umanità. Forse è sufficiente risvegliarla», commenta l’ecclesiastico.
Insiste ancora Ada Marra: «Oggi, alcune correnti giocano sulla paura dello straniero. Tutto quello che le chiese riescono a realizzare può contribuire nella lotta contro questo timore infondato».