Il disarmo nucleare e le sfide geo-politiche
27 luglio 2023
Fra necessità della pace e ricerca della giustizia: a colloquio con Francesco Vignarca
«La guerra in Ucraina ha dimostrato che il tema nucleare è di drammatica attualità. Non solo si sta mettendo a rischio il percorso verso il disarmo atomico, ma addirittura la non proliferazione. Tutti stanno cioè aumentando le proprie dotazioni nucleari, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi, con massicci investimenti nella modernizzazione degli arsenali». Francesco Vignarca è coordinatore delle Campagne della Rete italiana Pace e Disarmo, che nasce nel 2020 dalla confluenza di due organismi storici del movimento pacifista italiano: la Rete della Pace e la Rete italiana per il Disarmo. Con lui cerchiamo di ragionare di quanto il discorso sulle armi appaia oramai sdoganato e del perché ciò accada.
«In Ucraina stiamo assistendo a un’escalation nell’utilizzo di armamenti sempre più pericolosi: ora siamo arrivati alle bombe a grappolo, che colpiscono a caso, senza distinzioni fra obiettivi militari e civili. Questa crescita suggerisce come si stia cercando di risolvere una problematica che non può però essere affrontata esclusivamente dal punto di vista militare».
– Addirittura lo stesso Capo di Stato maggiore del Pentagono ha dichiarato che la guerra in Ucraina non potrà essere risolta soltanto con un intervento militare.
«Il punto è che se continuiamo a concentrarci sulle armi, rischiamo di arrivare all’ultimo gradino, quello delle armi nucleari. Nelle ultime settimane molti giornali hanno cambiato il loro punto di vista sulle bombe a grappolo: dopo mesi di critiche, ora alcuni analisti ci dicono che sono utili. Sono preoccupato che si prosegua su questa strada e che si possa giungere a considerare l’uso delle armi nucleari come uno strumento utile o persino necessario, il che sarebbe disastroso».
– Sì, l’impressione è che la spesa militare ora abbia un sostegno esplicito, almeno da un punto di vista politico. La gara ora è a chi compra più armi.
«Negli ultimi mesi, questa tendenza è diventata ancora più evidente. Putin è il peggiore nemico del pacifismo, poiché ha fatto andare indietro il mondo di venti anni. Il nucleare appare una gigantesca spada di Damocle, strumento di minaccia e ricatti. Per anni le nostre campagne non sono state ascoltate, poiché si pensava che il tema nucleare fosse irrilevante e sotto controllo, ma proprio Putin, con la sua criminale invasione, ha dimostrato che le armi nucleari vengono usate come strumento di ricatto, garantendo a chi le possiede la possibilità fondamentalmente di minacciare il mondo. Mentre sosteniamo l’Ucraina, non andiamo oltre, non entriamo sul terreno perché il nucleare è un problema in quel contesto. Se fosse una situazione convenzionale, senza armi nucleari, sono abbastanza convinto che le potenze occidentali sarebbero già intervenute militarmente sul campo, ma non possono permetterselo».
– Le spese militari sono raddoppiate in venti anni, i conflitti e le vittime sono sempre di più. Continuare ad armarsi non ci garantirà la pace, eppure...
«Eppure la risposta è aumentare ancora le spese militari, come dichiarato dalla Nato nel recente vertice di Vilnius. Già oggi la Nato spende in armamenti 1100 miliardi di euro in più all’anno rispetto alla Russia e 4,5 volte di più della Cina e della Russia insieme; siamo già il blocco più armato. Se non si considerano alternative e si continua a martellare l’opinione pubblica con un unico punto di vista, le persone non vedranno altre soluzioni».
– Un’opinione pubblica che in Italia continua comunque a essere contraria all’invio di nuove armi.
«In Italia, i sondaggi mostrano che una grande parte della popolazione è contraria all’invio di armi o favorevole a soluzioni nonviolente, ma perché non riesce ad avere uno spazio democratico tra le Istituzioni? Questo è un problema».
– C’è chi afferma che chiedere pace sia un concetto un po’ naïf, da pacifisti da salotto.
«È importante sottolineare che il tema del cessate il fuoco non significa che tutto è risolto; vuol dire fermare un massacro per aprire percorsi negoziali che portino alla costruzione di una pace duratura, basata sulle istanze democratiche e sui diritti umani, superando le autocrazie. Non si possono risolvere le questioni solo con le armi. Guardiamo ai Balcani: abbiamo pensato che l’aspetto militare avesse risolto tutto, ma ancora oggi ci sono tensioni e conflitti, perché se non si costruiscono percorsi di pace, condivisione e vera riconciliazione, non si va avanti. La pace richiede tempo, impegno e un percorso difficile, ma permette di smascherare le falsità della guerra e gli interessi dietro di essa».
– Non bastano le armi ma tutto rimanda a loro, è un’enorme questione commerciale, dovremmo dircelo con chiarezza.
«Commerciale ovviamente, visti i costi che sosteniamo per gli armamenti, ma credo sia questione ancor più politica. È più facile il divide et impera. Fomentare la guerra, noi contro di loro, i buoni contro i cattivi, funziona anche dal punto di vista politico. Putin ha fatto la sua scelta, credo perché gli serviva per rafforzare la sua leadership interna, come è già accaduto mille volte in passato. La pace è frutto della giustizia, come dice Isaia, ma che cosa è la giustizia? La pace è un concetto positivo, non si riduce all’assenza di combattimento, ma incorpora anche democrazia e diritti umani, percorsi di incontro. Sono loro i grandi assenti dalla scena al momento».