Un corpo contro un libro
05 luglio 2023
Il caso del rifugiato che in Svezia ha dato fuoco al Corano: tutelare la libertà di pensiero e di religione e insieme contrastare gli atti di intolleranza e pregiudizio dovrebbe essere il primo obiettivo di una società democratica
Bruciare i libri sacri è spesso stata l’abitudine dei poteri repressivi, che non tolleravano la libertà di religione e di espressione. Colpisce che nella vicenda del Corano strappato e poi bruciato a Stoccolma proprio nel giorno d’inizio dell’Eid al-Adha, la “festa del sacrificio” – una delle più importanti celebrazioni per i fedeli musulmani – sia coinvolto uno Stato moderno. La sua Corte Costituzionale ha considerato questo gesto una protesta ammissibile, la polizia ha dato l’avvallo e in seguito arrestato chi resisteva al gesto e non chi lo compiva. Colpisce anche che l’autore del gesto si consideri un rifugiato politico, benché nato in Svezia: un corpo contro un libro, una vita sofferta in esilio contro una parola sacra vissuta come la causa di tanta repressione.
Esaminiamo che cosa è in gioco qui: la libertà religiosa, ma anche la libertà di vita dei rifugiati. Poco tempo fa la Svezia si era già piegata in modo scandaloso alla richiesta del dittatore turco di togliere la protezione internazionale ai rifugiati curdi e di rimpatriarli. Lo ha fatto in cambio del voto positivo della Turchia per l’entrata della Svezia nella Nato. Il rifugiato che ha bruciato il Corano ha così colpito da due parti: ha fatto infuriare i credenti musulmani (che pare abbiano gridato: «Il Corano non è nelle vostre mani, è nei nostri cuori, lo sappiamo a memoria»), i paesi islamici e la Turchia e ha creato altre difficoltà per i progetti della Svezia di entrare nella Nato.
Essere un rifugiato mette in una condizione terribile di essere quasi senza patria e senza punti di riferimento: l’accanimento contro la religione appare come un modo personale di rivolgere la rabbia contro un’entità impersonale che ha dettato il tuo destino. Il suo gesto, se compiuto privatamente, poteva essere liberatorio. Il problema è stata proprio l’autorizzazione da parte delle autorità, che ha dato risonanza pubblica al gesto e ha fatto capire tra le righe che non esiste libertà di religione per i musulmani. Nonostante la presenza di una grande moschea a Stoccolma, infatti, un gesto così intollerante non riconosce i valori di questa minoranza, non tutela la sua libertà di credere. Quando venivano bruciati i libri di autori considerati eretici, nel Medioevo, spesso venivano bruciati anche i corpi dei loro autori: è successo a Guglielma di Milano, a Giordano Bruno nel 1600, a Margherita Porete.
E oggi vengono redatti “indici” di libri da proibire negli Stati Uniti e a volte anche in Italia, in qualche scuola o biblioteca comunale. In questo caso a essere colpite possono essere le letture sulla parità e la fluidità dei generi sessuali o con scene di sesso troppo esplicito. Il paradosso più incredibile è il caso del romanzo di Ray Bradbury Fahrenheit 451 (1951), che parla di censura e roghi di libri ed è stato a sua volta censurato in una scuola superiore americana. Anche le traduzioni protestanti della Bibbia a lungo sono state all’Indice, perché mettevano nelle mani delle persone la libertà di conoscere da vicino la rivelazione di Dio senza una mediazione clericale. I roghi di libri del nazismo e addirittura la censura e i tagli ai passaggi biblici considerati pro-semiti compiuti dai “cristiano-tedeschi” sono un altro momento di questo uso feroce dei libri nella manipolazione dei sentimenti delle persone.
Il Corano, come testo rivelato, richiede un rispetto che la società occidentale non riserva più a nulla, neppure ai corpi delle persone, ridotti a merce di scambio, quando adatti al lavoro, o a scarto: “carico residuale” come detto dal nostro ministro dell’Interno a proposito dei migranti sulle navi clandestine. Così come stiamo re-imparando a rispettare la sacralità della Terra nella sua fragilità, così dovremmo re-imparare che ogni vita è sacra, e che le tracce del divino giunte a noi attraverso le culture diverse vanno difese perché portano in sé la fede dei popoli. Il gesto del profugo iracheno è comprensibile, il fatto che uno Stato moderno tuteli un gesto di intolleranza molto meno. Tutti i nodi geopolitici che stanno intorno a quanto accaduto, invece, ci mostrano ancora una volta che ogni piccolo gesto può avere delle conseguenze molto ampie e complesse. Tutelare la libertà di pensiero e di religione e insieme contrastare gli atti di intolleranza e pregiudizio dovrebbe essere il primo obiettivo di una società democratica; anche garantendo ai profughi una vita che trova radici e accoglienza, senza le minacce di essere di nuovo esposti ai despoti da cui si fugge.
Foto di Patrick Correia