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ChatGpt… sette mesi dopo

Prodigi e incognite delle reti neurali

L’associazione Articolo 21 liberi di… promuove un corso di introduzione ai sistemi d’Intelligenza Artificiale che hanno fatto irruzione nella sfera del discorso pubblico in modo così tumultuoso da lasciar presagire un salto di paradigma nel campo delle scienze cognitive e un radicale mutamento in tutti i campi dello scibile umano.

Il corso si terrà a Roma il 6 luglio dalle 9,30 alle 12,30 nel convento S. Massimiliano Kolbe, via di San Teodoro 42, fa seguito a quello realizzato l’8 febbraio nella sede della Federazione nazionale delle stampa italiana - Fnsi (L’Ai che fa paura).

I relatori si soffermeranno, in primo luogo, sull’architettura e il funzionamento del Deep learning, quel ramo dell’Intelligenza Artificiale fondato su reti neurali che simulano il funzionamento del cervello umano (chatGPT: vi spiego come (la) penso); in secondo luogo, analizzeranno le ricadute, a breve termine, dell’AI sui «lavoratori della mente», in particolare quelli che operano nel campo dei media e dell’istruzione.

Come sempre accade quando si è di fronte a radicali innovazioni tecnologiche, la cultura di massa si polarizza tra apocalittici e integrati; questa volta, tuttavia, il ruolo dei catastrofisti, a torto o a ragione, se lo sono assunto autorevoli rappresentanti dell’aristocrazia intellettuale e grandi manager delle multinazionali dell’informatica, fino a scomodare Prometeo e Frankenstein.

Il primo segnale di un sommovimento profondo è stato l’allarme rosso scattato a Google una settimana dopo la comparsa di ChatGPT, il 30 novembre 2022, (Chi ha paura di chatGPT?).

Il 29 marzo mille intellettuali e scienziati – primi firmatari Elon Musk e Bill Gates – chiedono una moratoria di almeno sei mesi sugli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale Generale (Agi), per consentire agli organismi internazionali di creare un’autorità di regolamentazione, controllo e monitoraggio della ricerca teorica e operativa perché «mitigare il rischio dell’estinzione dovuta all’Ai dovrebbe essere una priorità globale, accanto ad altri rischi per la società come le pandemie e la guerra nucleare».

Il 31 marzo, in Italia, il Garante della Privacy annuncia di «aver disposto con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAi, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma ChatGpt».

Il 3 aprile la banca d’affari Goldman Sacks, pubblica uno studio secondo cui lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale (Ai) Generale (Agi) metterà a rischio 300 milioni di posti di lavoro nei prossimi dieci anni.

Il 2 maggio la Writers Guild of America, il sindacato degli sceneggiatori di Hollywood, proclama il primo sciopero dopo 15 anni. Nel pacchetto delle rivendicazioni c’è la richiesta di limitare l’uso dell’Ai da parte degli Studios: «Vogliono semplicemente delle storie generate dai computer e magari uno sceneggiatore che gliele vivacizzi un po’, per poi tagliarci fuori dal processo».

Il 3 maggio Geoffrey Hinton – Premio Turing e «padrino» delle reti neurali – annuncia le sue dimissioni da Google per preservare la sua libertà d’espressione nel denunciare i pericoli insiti nello sviluppo incontrollato dell’Ai: «È difficile capire come impedire ai cattivi attori di usarlo per cose cattive».

Il 17 maggio lo stesso Ceo di OpenAi, Sam Altman, audito dal Senato americano manifesta il timore che l’uso dell’Ai possa interferire sulle prossime elezioni presidenziali e auspica un’efficace regolamentazione globale per evitare danni significativi.

Il 14 giugno il sindacato inglese degli sceneggiatori aderisce allo sciopero a sostegno dei colleghi americani.

Le prese di posizione che esprimono ottimismo e prudenza nelle previsioni sono, in realtà, altrettanto numerose, ma stando alla logica della comunicazione, fanno molto meno notizia.

Una ragione di più, per approfondire in un corso di aggiornamento rivolto ai giornalisti i prodigi e le potenzialità dei Modelli linguistici di grandi dimensioni come ChatGpt.

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