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Una marcia per la giustizia

Oggi il Consiglio di chiese cristiane degli Usa celebra il «Juneteenth», giorno in cui nel lontano 1865, circa 250.000 schiavi furono liberati

Questa mattina (ora statunitense) il Consiglio nazionale delle chiese (Ncc) degli Usa celebrerà presso il memoriale di Martin Luther King, Jr., il Juneteenth con una marcia per la giustizia, che arriverà fino a Lafayette Square di fronte alla Casa Bianca.
La marcia chiuderà la Impact Week, una settimana in cui si sono svolti diversi eventi virtuali e in presenza per fornire strumenti di formazione su una varietà di questioni, tra cui la salute mentale, le crisi umanitarie internazionali e la violenza armata.

«La celebrazione del Juneteenth è un’opportunità per noi per concentrarci sul lavoro della giustizia razziale, della guarigione razziale e della riconciliazione», ha affermato la presidente del Consiglio di amministrazione del Ncc, la vescova Teresa Jefferson-Snorton. «È una festa che scegliamo di celebrare anche di fronte a discriminazioni persistenti».
E infatti la domanda che si sono posti gli organizzatori è stata: in che modo l’America celebrerà questa ricorrenza, e la ricorrenza è sufficiente?

Il Juneteenth o 19 giugno, celebra il giorno in cui nel lontano 1865 il generale americano Gordon Granger arrivò a Galveston, in Texas, per assicurarsi che, più di due anni e mezzo dopo che la proclamazione di emancipazione era stata firmata dal presidente Abraham Lincoln, 250.000 persone schiavizzate fossero liberate. Il generale Granger lesse l’ordine generale n. 3: «Il popolo del Texas è informato che, in conformità con un proclama dell’esecutivo degli Stati Uniti, tutti gli schiavi sono liberi». Ci furono festeggiamenti tra gli schiavi, divenuti liberi, e nacque il Juneteenth, che è diventata festa nazionale dopo l’omicidio di George Floyd a Minneapolis.
In quel frangente, ci fu la speranza che questa celebrazione diventasse un rinnovato sforzo nazionale per affrontare seriamente l’ingiustizia razziale. Invece, i crimini alimentati dall’odio razziale si sono intensificati e ci sono meno protezioni per i diritti di voto per gli afroamericani oggi che in qualsiasi altro momento dalla metà degli anni ‘60.

Alcuni interrogativi diventano oggi incalzanti: in che modo l’America celebrerà il Juneteenth sulla scia della violenza razziale contro gli afroamericani, in particolare gli uomini afroamericani? In che modo l’America celebrerà il Juneteenth, in attesa della prossima decisione della Corte Suprema che potrebbe seriamente mutilare o sradicare l’Affirmative Action? In che modo l’America celebrerà il Juneteenth sulla scia dell'attacco alla libertà di scrivere, di leggere e la libertà di imparare? Come si festeggerà il Juneteenth, quando i credenti non sono al sicuro nei loro santuari né gli studenti nelle loro classi a causa della violenza armata?

Ogni generazione deve costruire sulle fondamenta dell’opera di giustizia delle generazioni precedenti. Come scrive il membro del Congresso John Lewis in Across That Bridge: Life Lessons and a Vision for Change: «La nostra è la lotta di una vita, o forse anche di molte vite, e ognuno di noi in ogni generazione deve fare la propria parte».

«Ora dobbiamo fare la nostra parte – ha dichiarato il Consiglio del Ncc –. Abbiamo bisogno di più di una festa! Abbiamo bisogno di una seria resa dei conti nazionale sull’ingiustizia razziale e sulle disparità razziali nell’incarcerazione di massa. Abbiamo bisogno dell’approvazione del John Lewis Voting Rights Act, dell’approvazione del George Floyd Justice in Policing Act e di una commissione federale che studi le riparazioni delle ingiustizie compiute. Ciò include un impegno nazionale per garantire la fine del trattamento disumano delle persone di origine africana e di altre minoranze etniche, la creazione di politiche e prassi che blocchino qualsiasi ritorno al neo-Jim Crowism, al terrorismo interno e alla schiavitù. Ci vorrà ognuno di noi per garantire che tutti siano liberi... nella terra dei liberi e nella patria dei coraggiosi».

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