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L’inchiesta svizzera sul Kirill spia del Kgb

Due giornali elvetici rivelano il passato del patriarca della Chiesa ortodossa russa

Flashback al 1971: l'Unione Sovietica è uno Stato ateo, ma la repressione contro la Chiesa si è indebolita. All'allora 24enne sacerdote Kirill viene concesso di trasferirsi a Ginevra per rappresentare gli ortodossi russi al Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), il grande organismo che riunisce centinaia di chiese nel mondo, protestanti, evangeliche, ortodosse.
Kirill guida la chiesa ginevrina da una casa in Rue de Beaumont, che affitta dalla famiglia di un medico. Anche se viene da Mosca come rappresentante ufficiale, si guadagna rapidamente la fiducia della comunità russa in esilio. «Aveva una brillante formazione intellettuale», commenta Antoine Nivière, professore di cultura russa all'Università della Lorena: «Sapeva esprimersi bene». Kirill non era però solo un diplomatico, ma anche un ufficiale del servizio segreto sovietico Kgb.

Dai file sovietici resi noti in seguito storici e giornalisti russi hanno concluso che anche Kirill lavorava per lo spionaggio sovietico a Ginevra - con il nome in codice "Mikhailov", aspetto consueto per i sovietici all’estero in quella stagione. Doveva raccogliere informazioni sui membri del Consiglio ecumenico e influenzare il loro atteggiamento nei confronti dell'Unione Sovietica. Il predecessore di Kirill, il patriarca Alessio II, è stato rivelato come agente del Kgb a tutti gli effetti in documenti segreti scoperti in Estonia nel 1999. Fra i documenti anche quelli del celebre Dossier Mitrokhin che tanto ha fatto parlare anche in Italia,
Due giornali elvetici, Le Matin Dimanche e il SonntagsZeitung sono autori di una lunga inchiesta sul leader della potente Chiesa ortodossa russa, che ne svela le alte complicità con l’establishment già in anni lontani. L’inchiesta conferma che "Monsignor Kirill", come viene chiamato nella scheda, apparteneva al Kgb. Dal luglio 1969 al febbraio 1989, la scheda creata dalla Polizia federale svizzera sul conto di Kirill contiene un totale di 37 voci, la maggior parte delle quali si riferisce semplicemente alle sue richieste di visto e ai suoi ingressi in Svizzera. Per due volte, tuttavia, viene segnalata la presenza del sacerdote in una lista di funzionari sovietici «contro i quali sono state prese misure». Non viene spiegato di quali misure si tratti.

Né Kirill né la Chiesa ortodossa russa, interpellati dai due giornali svizzeri, hanno voluto al momento commentare l'accusa di spionaggio. Il Consiglio ecumenico delle Chiese, interpellato, risponde di non avere «alcuna informazione» in merito. Dopo la grande operazione della stampa svizzera sulle voci di spionaggio del Cec da parte del patriarca Kirill, incrollabile sostenitore di Vladimir Putin, il neo segretario del Consiglio ecumenico Jerry Pillay coglie l'occasione per dare la sua interpretazione della vicenda ed esprimere anche la propria personale visione sulla gestione di questa comunità internazionale di oltre 350 chiese, dove siede ancora Mikhail Goundiaev, nipote di Kirill :«È da tempo che si specula su questo aspetto: non è una novità. Il Cec ha incaricato uno dei suoi comitati centrali di verificare queste informazioni. Ma non abbiamo mai trovato alcuna prova di ciò. Se qualcuno ne ha, vorremmo vederle». Il nipote di Kirill, Gundyev, è l'attuale rappresentante del Patriarcato di Mosca presso il Cec, notizia che certamente può portare a qualche diffidenza.

«L'arciprete Mikhail Gundyaev è il rappresentante permanente della Chiesa ortodossa russa presso il Cec e le organizzazioni internazionali a Ginevra – ha commentato ancora il pastore Pillay. L'ho incontrato lunedì 13 febbraio per discutere di questi temi. Mi ha detto che lavora per la Chiesa ortodossa russa, che sostiene il suo Paese, ma che non c'è motivo di sospettare che abbia rapporti con il governo russo. Certamente la sua presenza nel Cec può causare sospetti, ma non è appropriato né giusto etichettare le persone o sospettare di loro senza prove. Egli afferma chiaramente di non lavorare per il governo russo».


Foto da: The Presidential Press and Information Office

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