Leader evangelici condannano le violenze in Perù
24 gennaio 2023
Dopo il fallito golpe di Pedro Castillo per chiudere il Congresso e l'assunzione della presidenza da parte di Dina Boluarte, nel sud del Perù si sono verificate una serie di proteste che hanno provocato più di 60 morti
Dopo il fallito golpe di Pedro Castillo per chiudere il Congresso e l'assunzione della presidenza da parte di Dina Boluarte, nel sud del Perù si sono verificate una serie di proteste che hanno provocato più di 60 morti, tra manifestanti e membri della polizia, oltre a danni a proprietà pubbliche e private. Una situazione che si protrae da oltre quasi due mesi e che ha portato alla luce le richieste storiche della popolazione più esclusa e trascurata del Paese. Il sito Alc Noticias ha interpellato alcuni leader evangelici in Perù sulle implicazioni etiche della crisi politica.
«Abbiamo raggiunto un collasso sociale - afferma il pastore metodista Rafael Goto - . La crisi che il Perù sta vivendo ci mostra un Paese che si confronta con la discriminazione e il disprezzo per i più poveri. Ancora una volta, sono in gioco due modi di vedere la società. Da un lato, i poteri politici fanno rivivere mentalità storiche colonialiste e oppressive. D'altra parte, la popolazione esclusa continua a resistere per spezzare la catena di emarginazione e disprezzo».
Efraín Barrera, direttore dell'Asociación Educativa Teológica Evangélica- Aete, sostiene che la crisi ha portato alla luce l'altra violenza di cui si parla poco e che ci ricorda la denuncia del profeta Abacuc: «Guai a chi moltiplica ciò che non è suo, guai a chi brama un guadagno ingiusto, guai a chi costruisce la città con il sangue. Proprio le regioni che mantengono la loro protesta nelle strade del nostro Paese sono le più impoverite e chiedono maggiore equità e giustizia».
Vari pastori di tutte le denominazioni evangeliche peruviane hanno inoltre prodotto un testo che riproduciamo qui di seguito:
«Esprimiamo le nostre condoglianze alle famiglie delle vittime per l'irreparabile perdita dei loro cari e condividiamo le loro richieste di sostegno immediato, verità e giustizia.
Affermiamo che la violenza è riprovevole in tutte le sue forme e nulla giustifica la risposta sproporzionata e criminale dello Stato, né l'attacco a tradimento contro i funzionari pubblici nell'esercizio delle loro funzioni. L'assassinio di civili nell'esercizio del loro diritto di protesta, come quello di un poliziotto che svolge la sua missione, sono ugualmente dolorosi, esacerbando l'odio e la violenza che noi rifiutiamo.
Chiediamo un sostegno immediato alle famiglie delle vittime e un'indagine rapida e indipendente, da parte o con il sostegno di organizzazioni internazionali, che assicuri il diritto alla verità e garantisca che i crimini non resteranno impuniti.
Chiediamo alle autorità governative di assumersi le proprie responsabilità politiche e penali, di scusarsi con le vittime e di correggere la rotta adottata, sulla base della verità, della tutela dei diritti e della giustizia.
Riaffermiamo il nostro impegno per la costruzione di un Paese in cui compassione e verità si incontrino, in cui la pace sia il frutto della giustizia, e per un nuovo patto sociale in cui la difesa dei diritti di tutti, e soprattutto dei più esclusi, sia una realtà».
Foto di Mayimbú