«Dal lamento alla speranza»
15 luglio 2022
La 225ma Assemblea generale della Chiesa presbiteriana degli Usa si è tenuta dal 5 al 9 luglio in modalità ibrida. Fra i temi in discussione, razzismo, diritti delle donne, ecologia, violenza
Online o in presenza? Il dibattito ha tenuto banco per settimane, fino alla scelta di una modalità ibrida, la prima della storia della Chiesa presbiteriana degli Usa (PcUsa), ma non l’ultima: lo stesso modello è previsto per la successiva Assemblea generale (2024), con plenarie in presenza e lavoro online delle varie commissioni, con un risparmio previsto di 835.000 dollari rispetto all’ultima AG “regolare”.
Uno staff, in presenza e da remoto, di un centinaio di persone, ha gestito gli incontri dei Comitati in presenza al Presbyterian Center di Louisville (Kentucky) e le 14 sessioni plenarie online, dal 5 al 9 luglio. Un vero e proprio studio televisivo ospitava il “seggio” dell’assemblea, con le due co-moderatrici (le pastore Ruth Santana-Grace e Shavon Starling-Louise) e il segretario esecutivo, pastore J. Herbert Nelson.
Come ha dichiarato quest’ultimo durante l’evento promosso da “Hands and Feet. Presbyterians engaging in communities” la sera del 7 luglio, il lavoro dell’Assemblea generale non riguarda solo la vita delle chiese, ma serve anche a rendere le città e la nazione un posto migliore, come testimonia la stessa iniziativa Hands and Feet, impegnata quest’anno sulla questione della cauzione in contanti, che penalizza soprattutto le comunità di colore, tema già affrontato dalle due precedenti AG nel 2018 e 2020.
Il titolo dato all’assemblea era From Lament to Hope, che ben esprime la direzione che intende prendere la denominazione, che come di consueto ha toccato e si è pronunciata su diversi temi di grande attualità. Eccone alcuni:
RAZZISMO e DIRITTI DELLE DONNE
La settima plenaria, il 6 luglio, si è focalizzata sul lavoro del Comitato per la giustizia di razza e di genere (RGJ Committee), con l’approvazione di alcune risoluzioni, tra qui quella che lamenta la
«carenza di una leadership pastorale stabile nelle congregazioni presbiteriane di persone di colore», un fenomeno che riguarderebbe l’80% di queste, molto diffuso anche in quelle di nativi americani. L’approvazione della risoluzione è un primo passo, si è detto, per chiarire l’entità del fenomeno, anche nelle comunità “bianche”.
Un’altra risoluzione riguarda la «richiesta di scuse alla popolazione africana americana per il peccato della schiavitù e la sua eredità», la cui approvazione è stata suggellata con la lettura ad alta voce di una “litania di pentimento” che comincia con le parole «Come cristiani bianchi ci pentiamo della complicità nel credere nella supremazia bianca». Un tema peraltro già toccato nel sermone di apertura dalla pastora Kate Murphy, che ha paragonato la Chiesa presbiteriana a Saulo sulla via di Damasco: «La storia del suprematismo bianco e del cristianesimo americano bianco sono la stessa storia: non possiamo rivendicare la bellezza della nostra identità senza rivendicare la violenza. Ci giustificava allora, e ci dà forma oggi», ha detto.
La discussione ha poi affrontato alcuni temi specifici: la violenza razziale, le disuguaglianze in tema sanitario e la giustizia riparativa. In questo ambito è stata toccata, con apposite risoluzioni, la questione delle violenze perpetrate contro le donne e ragazze indigene, contro le donne transgender, contro le persone di origine asiatica o pacifica.
Si è parlato anche della minaccia alla salute riproduttiva e infantile, particolarmente alta nelle comunità nere ed è stata approvata una risoluzione riguardo all’accesso alla contraccezione e all’aborto, in aperta opposizione alla recente decisione della Corte suprema, sottolineando la «capacità morale di scelta» delle donne e denunciando i tentativi in molti Stati di ridurre e limitare l’accesso all’assistenza sanitaria.
VIOLENZA, ARMI, DIRITTO DI VOTO
Un tema legato al precedente, a cui è stata dedicata la plenaria di mercoledì sera (qui l’articolo) è quello della violenza, con il lavoro del “Comitato per affrontare la violenza negli Usa”: violenza armata, domestica e nel linguaggio, con l’approvazione di sei atti in materia, in particolare la campagna «Decennio per porre fine alla violenza delle armi (2022-2032)» da condurre «a tutti i livelli della chiesa».
Nella serata si è anche discusso di diritto di voto e riforma elettorale, osservando, alla luce degli eventi politici degli ultimi anni, l’intima connessione fra diritto di cittadinanza e storia del razzismo, e il fatto che «le minacce al diritti di voto e alle fondamenta repubblicane della nostra vita politica siano persino più grandi oggi di quando furono approvati», come si legge nel documento che accompagna la risoluzione Lift Every Voice: Democracy, Voting Rights, and Electoral Reform, che sottolinea la responsabilità dei presbiteriani di fare sentire la propria voce (e quella di chi non ha voce) in tema di diritti.
Con un altro atto si è deciso di includere nella “lista di disinvestimento” le aziende che producono o commercializzano armi, a partire da tre grandi società fortemente legate alla Chiesa presbiteriana (in particolare alle sue agenzie di investimento, il Board of Pensions e la Presbyterian Foundation): Walmart, Dick’s Sporting Goods e Kroger, sebbene vendano armi non classificate come semi-automatiche e d’assalto. L’intento è di andare verso un disinvestimento totale dalle armi, ritenute “incompatibili con la natura e lo scopo della chiesa”, come già avvenuto con il tabacco e l’alcool (196ma AG).
AMBIENTE, ENERGIA
Altro settore incluso nella “lista di disinvestimento” è quello delle compagnie petrolifere. Tra le decisioni più rilevanti (la si legge nell’articolo qui), quella di disinvestire da cinque compagnie (Chevron, ExxonMobil, Marathon Petroleum, Phillips 66 and Valero Energy), finché le loro azioni non risponderanno ai criteri stabiliti dall’Assemblea generale e non saranno in linea con la politica ambientale della PcUsa.
Il Comitato per la Giustizia climatica ha mediato tra le posizioni di coloro che pensavano che questa decisione fosse troppo radicale, e coloro per i quali non lo era abbastanza: è la prima volta che la denominazione vota un provvedimento di questo genere, i cui effetti, come ha affermato il pastore Tom Taylor, presidente e Ceo della Presbyterian Foundation, sono difficili da prevedere al momento in termini di impatto finanziario.
Inoltre è stata approvata un’azione a sostegno della transizione energetica, invece è stato respinto, seppur con un margine molto ridotto e dopo un lungo e appassionato dibattito, un emendamento che avrebbe portato a un disinvestimento da tutte le industrie che contribuiscono alla produzione dei due maggiori gas serra (CO2 e metano).
BUDGET DELLA CHIESA
Un tema più interno, ma di grande importanza per le chiese, è quello del budget e in particolare il cosiddetto “per capita” (se ne parla qui). Già negli incontri preparatori si era discusso a lungo sull’aumento del tasso pro capite per coprire le esigenze di budget nei prossimi due anni. Nell’incontro in assemblea del Comitato per le risorse finanziarie, l’ultimo a riunirsi, si è deciso di passare dall’attuale tariffa di 8,98 dollari a 9,85 per il 2023 e 9,80 per il 2024 (contro una iniziale proposta di 9,61 per il 2023 e 10,28 per il 2024.
In fase di discussione si è sottolineata l’importanza delle risorse per incrementare la formazione in alcuni ambiti (come la prevenzione degli abusi o l’uso delle tecnologie) oltre che per garantire il complesso funzionamento della “macchina” chiesa con tutti i suoi organismi intermedi e in tutti i suoi ambiti, dall’impegno ecumenico e interreligioso, alle azioni missionarie a livello nazionale e internazionale, alle opere sociali. Si è ribadita anche l’importanza della solidarietà fra le congregazioni, dove le più “ricche” aiutano le più “povere”, in un contesto in cui nonostante il calo dei membri, la quota per capita è rimasta abbastanza costante negli ultimi dieci anni. Questa, lo ricordiamo per inciso, è stabilita sulla base delle statistiche comunicate.