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La storia delle persecuzioni e della Resistenza in Austria raccontata da un memoriale

Il Dokumentationsarchiv des österreichischen Widerstandes si occupa della raccolta di informazioni riguardo Resistenza e persecuzioni naziste in Austria, in una complessa ma fondamentale operazione di memoria collettiva

A partire dagli anni Sessanta è attiva in Austria una importante realtà che si occupa della raccolta di documentazione relativa al movimento della Resistenza austriaca, il Dokumentationsarchiv des österreichischen Widerstandes (DÖW), fondato da ex combattenti della resistenza e scienziati. «Il movimento della Resistenza austriaca è abbastanza sconosciuto - spiega Gerhard Baumgartner, direttore scientifico del DÖW - ma c’è documentazione di circa 100.000 persone attive nella resistenza ai nazisti, e circa 10.000 di loro vennero uccise». Gli anni della nascita dell’archivio di documentazione non sono casuali: «Negli anni sessanta ebbero l’impressione che i nazisti stessero tornando di nuovo in posizioni di potere importanti, quindi prima formarono come libera associazione questo archivio, che ora è un progetto appoggiato dallo Stato». Dagli anni Ottanta, infatti, il progetto è supportato ufficialmente dalla Repubblica d’Austria, dalla Città di Vienna e dall’Associazione degli archivi di documentazione.

Il progetto si è certamente evoluto nel tempo, mantenendo però un saldo filo conduttore: inizialmente «consisteva nel documentare le attività della resistenza ma anche le persecuzioni: da un lato i crimini di guerra e dall’altro le persecuzioni razziali degli ebrei, delle popolazioni rom e sinti e ovviamente anche degli oppositori politici» prosegue Baumgartner.

Quella della Resistenza in Austria è una storia assai poco conosciuta, e in Italia per certi versi ciò si spiega con le differenze dal punto di vista della composizione politica del movimento: «In Austria era per il 50% nelle mani dei vecchi social-democratici, che rappresentavano un movimento politico molto forte, ma dal 1934 l’organizzazione del partito socialista è collassata e gli attivisti anti-fascisti si sono uniti a diversi gruppi comunisti, quindi c’è stato un grande movimento di antifascisti con un forte background nei sindacati e nei partiti comunista e social-democratico, ma dall’altra parte c’era una componente anche molto conservatrice, legata alla chiesa cattolica. Si trattava soprattutto di persone provenienti dal mondo rurale, ma se parliamo delle città, si trattava di imprenditori, e questo era molto pericoloso per i nazisti perché avevano degli ottimi legami economici», racconta Baumgartner. Il lavoro del DÖW ha permesso anche di comprendere e di accettare le posizioni della componente protestante dell’Austria del tempo: «I protestanti erano di solito in opposizione alla chiesa cattolica in Austria, e per questo molto vicini al movimento nazionalista tedesco, quindi molti pastori protestanti austriaci erano membri del partito nazista. Fino ad ora la resistenza da parte dei teologi e dei pastori protestanti contro i nazisti erano fenomeni molto poco documentati», ammette Baumgartner.

Recentemente, le attività del Dokumentationsarchiv des österreichischen Widerstandes hanno permesso la creazione di un memoriale di grandi dimensioni nella città di Vienna. Anche grazie ad esigenze politiche da parte del governo sono stati raccolti i 20 milioni di euro necessari per l’erezione di quello che Baumgartner descrive come «un grande cerchio di pietre, 35 grandi lastre di marmo su cui sono incisi tutti i nomi delle vittime dell’Olocausto documentate in Austria, 64.550 nomi». Raccontare una storia complessa come quella delle persecuzioni razziali naziste non è però semplice: mancano, ad esempio, tutti i nomi di coloro che dall’Austria fuggirono in Ungheria e in Polonia sotto falso nome e da quei territori vennero deportate.

C’è poi un capitolo ulteriore, quello che riguarda le popolazioni rom e sinti austriache, qui come in altri Paesi troppo spesso dimenticate ogni volta che si parla di stermini razziali nazisti. «Al momento si parla di un monumento simile a questo per le vittime delle comunità rom e sinti», racconta Baumgartner. Delle circa 10.000 persone rom e sinti presenti in Austria, circa il 90% venne ucciso. Anche in questo caso mancano per il momento molti nomi, ma il lavoro di ricerca documentaria prosegue per restituirli alla memoria e alla storia.

 

 

 

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