Guerra in Ucraina: «Anche le chiese protestanti sperimentano divisioni e dolore»
29 marzo 2022
Intervista da Mosca a Eduard Khegay, vescovo della Chiesa metodista Unita, sovrintendente dell’area nordeuropea e euroasiatica
Eduard Khegay, nato ad Alma-Ata in Kazakhstan 50 anni fa, è vescovo metodista a Mosca, sovrintendente per la Chiesa metodista unita (Umc) dell’ area nordeuropea ed euroasiatica, un territorio enorme, dal Baltico al mar Nero fino alle estreme propaggini russe in oriente, sul Pacifico di fronte al Giappone. Lo abbiamo raggiunto per una intervista via Zoom.
– Come è cambiata per voi cittadini russi la vita da un mese a questa parte? È così complicato per noi ottenere informazioni attendibili dall’interno della Russia a causa del cappio posto dal Cremlino ai mezzi di comunicazione formali e informali...
«La vita qui a Mosca è molto differente rispetto ad appena un mese fa. Molta gente è scioccata. Sono rimasto sconvolto dalla decisione della Russia di avviare quella che qui dobbiamo chiamare operazione militare. Drammatico anche scoprire che la maggioranza della popolazione supporta l’azione, almeno il 70% secondo i sondaggi, e fra loro anche molta gente nelle nostre chiese, un aspetto per me molto doloroso di fronte alla sofferenza di milioni di ucraini.
Le sanzioni stanno facendo il loro compito, i prezzi salgono, il rublo ha perso almeno il 50% del suo valore, molti negozi sono chiusi, molte persone se ne sono andate, e così molti organi di informazione alternativi, o indipendenti, e da ieri (21 marzo, ndr.) Facebook e Instagram sono considerate ufficialmente organizzazioni estremistiche e sono state chiuse. Tutto sta cambiando in maniera così rapida e dolorosa. Dal punto di vista umano si stanno rovinando relazioni, la polarizzazione delle posizioni rende impossibile il dialogo, persone che fino a ieri erano amiche oggi non si salutano più perché schierate da una parte o dall’altra. È tutto estremamente doloroso».
– Ha parlato di membri di chiesa che appoggiano l’operazione militare: avete avuto modo di parlarne? Quali sono le giustificazioni prevalenti?
«Abbiamo avuto modo di discuterne anche in chiesa, certamente. Il tema è molto complesso. Dovete cercare di fare uno sforzo per comprendere un punto di vista differente dal vostro, intendo da ciò che in Occidente viene in maniera prevalente raccontato. L’opinione pubblica russa è fermamente convinta, e lo sono in parte anche io, che l’espansione della Nato a Oriente a seguito della dissoluzione sovietica sia stata molto aggressiva. Immaginate se la Russia dovesse fare qualcosa di simile sulle Alpi, o se installasse missili in Messico. Negli anni, con il contributo anche dell’informazione, si è creato una sorta di sentimento di accerchiamento, fenomeno che ha accentuato le tensioni in Russia e ha dato pretesto alle classi politiche dirigenti per giustificare quanto sta accedendo ora in Ucraina. A ciò si aggiunge una certa idea imperialista, molto radicata in Russia, ma potrei dire lo stesso per altre grandi nazioni quali Stati Uniti e Cina, che tendono ad avere una certa idea egemonica nel loro rapporto con il resto del mondo. Purtroppo l’Ucraina si è trovata in mezzo a due forze che in qualche maniera la vogliono attrarre nella loro sfera, ed è diventata così terreno di scontro feroce per compensare due superpotenze che non possono guerreggiare fra loro, pena la fine del mondo. L’unica soluzione? Che il presidente americano e quello russo si siedano allo stesso, tavolo, il più in fretta possibile».
– E che informazioni riuscite ad avere dalle vostre chiese in Ucraina?
«Le notizie che arrivano sono tragiche: pastori e moltissimi membri di chiesa hanno dovuto lasciare le loro case, da un giorno all’altro sono diventati rifugiati. Le chiese dell’ovest della nazione sono diventate luogo di soccorso temporaneo per chi è in fuga verso l’Europa. Abbiamo anche chiese nella parte Est dell’Ucraina e lì la situazione è capovolta: credono che l’esercito russo sia entrato nel Paese per liberare loro dalle sofferenze patite in questi ultimi anni.
Tutto è così frastagliato, le relazioni si fanno così fragili, ma abbiamo l’obbligo di tentare di tenere unite le persone nel nome della comune fede cristiana. Metodisti, evangelici, battisti, come il resto della società, stanno sperimentando queste divisioni al loro interno, questa polarizzazione che non ammette complessità. Il mio cuore soffre, i nostri compagni stanno vivendo un incubo e in più esistono queste divisioni dolorose. Che futuro ci sarà per loro in un paese distrutto nei suoi edifici e nella sua rete di relazioni?»
– Se vogliamo provare a chiudere con una nota di speranza, questa è data dalla grande risposta umanitaria che giunge da ogni parte del mondo, un auspicio per il domani, quando ci sarà il domani.
«Si tratta davvero di qualcosa di incredibile. Sono molto grato ai metodisti e ai cristiani che da ogni angolo del mondo aiutano in così tanti modi. Abbiamo connessioni con tutte le chiese metodiste attorno a noi; stanno ospitando, aiutando, tenendo contatti, scambiandosi informazioni, donando. Anche in Russia proviamo a coordinare aiuti per chi arriva dall’ est dell’Ucraina, stiamo aiutando anche loro. Questa grande risposta della gente di chiesa di ogni parte del mondo porta speranza anche in mezzo alla disperazione, possiamo essere sorelle e fratelli e aiutarci e, credo sia splendido».