Oscar 2022, la lezione di una notte
28 marzo 2022
Peter Ciaccio commenta la cerimonia e celebra il trionfo del miglior film straniero, "Drive my car", già premiato dalla giuria ecumenica del festival di Cannes, di cui aveva fatto parte lo stesso pastore metodista
«Il trionfo del politicamente scorretto, come se non ci fosse civiltà», da una parte e dall’altra invece «la delicatezza» di un film come “Drive my car”. Così il pastore metodista Peter Ciaccio, presidente dell’Associazione protestante cinema “Roberto Sbaffi”, commenta, a caldo, la notte degli Oscar e in particolare lo schiaffo di Will Smith al presentatore Chris Rock, che aveva fatto una battuta sulla capigliatura della moglie di Smith, Jada Pinkett, malata di alopecia.
Riguardo all’episodio di cui sopra, per Ciaccio è stato la rappresentazione di «Un quadretto borghese, a dire il vero. L’aspetto più brutto di questa serata sono state a mio avviso le scuse di Will Smith, che non ha chiesto scusa alla moglie, come se lei dovesse invece ringraziarlo per questa scena».
Tornando al cinema vero e proprio, secondo Ciaccio «il film che ha vinto come miglior film straniero, “Drive my car”, diretto dal regista Ryûsuke Hamaguchi, è una delle pellicole più interessanti e belli degli ultimi anni. Perchè riesce a raccogliere i fili di diversi modi di fare cinema, coniugando il teatro con la letteratura, e non solo. Da vedere. E per quanto riguarda il rapporto tra i generi, ma anche la violenza, è proprio l’opposto della scena terribile di ieri notte tra Smith e Rock».
La giuria ecumenica al Festival di Cannes, lo scorso luglio, aveva tra l’altro già premiato il film giapponese tratto da un racconto di Haruki Murakami. La pellicola si aggiudicò, a Cannes, anche il premio per la Miglior Sceneggiatura. Si tratta di «un film molto delicato e toccante, con un cast internazionale, che parla di accettazione di se stessi e di perdono», ci aveva detto Peter Ciaccio.
La giuria ecumenica del Festival francese, istituita nel 1974, viene nominata dalle associazioni cinematografiche Signis e Interfilm, per scegliere e premiare pellicole di taglio sociale e spirituale, formata da tre cattolici e tre protestanti, il cui presidente dell’ultima edizione della rassegna è stato un irlandese.