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Hiv e Aids. Una pandemia senza fine

Il Consiglio ecumenico delle chiese nella Giornata mondiale contro l'Aids propone una liturgia per superare le disuguaglianze e per contrastare le discriminazioni

Con un culto ecumenico si ricorda oggi la Giornata mondiale contro l’Aids,con il tema: «Superare le disuguaglianze grazie alla giustizia e all’amore». L’iniziativa rientra nelle sedici giornate di attivismo contro la violenza di genere iniziate il 25 novembre e previste sino al 10 dicembre.

La liturgia tradotta in francese, spagnolo e portoghese, realizzata dal Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) è curata dal pastore Canon Gideon Byamugisha.

Il Cec ricorda che «più di 680.000 persone sono morte a causa di malattie legate all’Aids solo nel 2020 e 36,3 milioni hanno perso la vita dall’inizio della pandemia di Aids partita negli anni ’80. 12 milioni di bambini, donne e uomini con-vivono, ancora oggi, con l’Hiv e devono dunque  ricevere le cure necessarie. Le disuguaglianze presenti nel mondo però, potrebbero portare a 7,7 milioni di morti in più per Aids questo decennio se non saranno prese misure decisive. Dio - si legge sul sito del Cec - ricorda a tutti noi il prezzo dell’inazione e della negligenza».

La liturgia evidenzia poi che «le società internazionali stanno permettendo molte disuguaglianze e favorendo leggi e norme di genere dannose e rischiose per donne e ragazze. Il disagio e la poca attenzione ai fenomeni sociali legati alle vulnerabilità aumentano il rischio di contrarre l’Hiv e di far emergere impatti economici, sanitari e sociali sproporzionati. Alla pandemia dell’Hiv si unisce oggi quella di Covid-19. L’Africa sub-sahariana vede sei su sette nuove infezioni da Hiv colpire soprattutto ragazze adolescenti».

Il 74% dei vaccini Covid-19 somministrati in tutto il mondo è stato desinato a Paesi ad alto e medio reddito, solo 0,7% delle dosi stato invece somministrato in Paesi a basso reddito. Nell’Africa subsahariana appena il 6-10% della popolazione ha ricevuto le vaccinazioni.

«Chiediamo a Dio di aiutarci ad aprire i nostri cuori e le nostre menti - conclude il Cec -, così che insieme si possa lavorare per porre fine allo stigma e alla discriminazione della malattia. Dobbiamo essere noi viatico di amore e strumenti di accompagnamento per coloro che sono particolarmente vulnerabili all’Hiv. […]. Preghiamo affinché che le comunità di fede abbraccino e accompagnino tutte le persone con l’amore incondizionato e la giustizia di Cristo, guidando questa trasformazione con l’esempio, per continuare a porre fine all’Aids entro il 2030».

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