
Eberhard Jüngel, teologo protestante
29 settembre 2021
È scomparso un professore autorevole ma anche un credente affezionato alla sua chiesa
Con Eberhard Jüngel, deceduto ieri, scompare uno degli ultimi grandi teologi del secondo Novecento.
Era un pensatore cresciuto nel vecchio stile della formazione teologica tedesca: una formazione ampia e consolidata: lingue classiche, filosofia, Hegel, Heidegger, Schleiermacher, Bultmann e i suoi allievi. E, naturalmente, Karl Barth, di cui diceva: «È un mio maestro, ma io non sono un suo scolaro». Queste caratteristiche fanno di Jüngel appunto, per molti versi, un teologo ben inscritto nel solco della generazione precedente.
I libri, non moltissimi, scritti durante la sua lunga vita accademica (era nato nel 1934) sono scritti in maniera complessa: una costruzione in periodi molto articolati nella subordinazione delle frasi, ma anche uno stile rigorosissimo, tale che, applicandocisi con impegno, la loro leggibilità alla fine premia il lettore. Essendo nato a Magdeburgo, la sua formazione giovanile avvenne nella ex-Ddr: da qui la sua posizione di netta chiusura a qualunque forma di governo basata sui totalitarismi.
Teologo che rimase sempre anche “militante della propria chiesa”, era aperto all'ecumenismo proprio perché aveva una personale identità protestante saldissima e fortemente strutturata.
Fra le sue opere pubblicate in italiano: Paolo e Gesù, Paideia, Brescia, 1978; Morte, Queriniana, Brescia, 1972; L'essere di Dio è nel divenire, Marietti, Casale Monferrato, 1986; Dio, mistero del mondo, Queriniana, Brescia, 1982; Possibilità di Dio nella realtà del mondo, Claudiana, Torino, 2005; L'avventura di pensare Dio, Claudiana, Torino, 2007.