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Essere noi, parte del cambiamento digitale

Nel «Manifesto per la giustizia digitale» del Consiglio ecumenico delle chiese l’appello urgente a essere noi parte di un «movimento trasformativo»

Con il lancio del «Manifesto per la comunicazione per la giustizia sociale nell’era digitale» i partecipanti a un simposio internazionale sulla giustizia digitale, promosso dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), hanno offerto alle chiese e alle associazioni religiose una visione dell’attuale contesto globale digitale, dedicando focus specifici alle questioni e alle sfide in atto con lo scopo di promuovere una comunicazione socialmente più giusta.

Un invito, dunque, a essere un «movimento trasformativo» e fondato sui diritti umani, sulla dignità umana e sui principi democratici.

«Le tecnologie digitali stanno trasformando il nostro mondo e i molteplici spazi in cui viviamo e nel quale ci muoviamo», così apre il manifesto.

 «Queste tecnologie – si legge – ci offrono nuovi modi per comunicare e per difendere i nostri diritti umani e la nostra dignità e per far sentire la nostra voce».

Un documento che sarà ulteriormente revisionato alla luce dei commenti inviati online dai partecipanti, per dar così vita a una versione definitiva e in uscita nei prossimi giorni.

Il manifesto ricorda quanto le tecnologie digitali offrano sia opportunità, sia grandi sfide: «Le piattaforme digitali spesso sono utilizzate per diffondere disinformazioni deliberate e odio», si legge nel testo. «Campagne digitali di “fake news” spesso motivate politicamente minano i processi democratici e il giornalismo responsabile».

I crescenti monopoli della tecnologia digitale, poi, minacciano la diversità di voci e di prospettive, osserva il manifesto.

«Gli utenti sono diventati prodotti commerciali. I dati privati ​​sono sempre più richiesti, poi raccolti e controllati da un numero limitato di piattaforme che, di conseguenza, sono in grado di usufruirne per scopi economici e politici».

Al simposio i partecipanti hanno identificato come temi sensibili le minacce, la sorveglianza, l’emarginazione e la militarizzazione.

«Le preoccupazioni riferite in tema di sicurezza informatica sono aumentate. In particolar modo c’è oggi molta attenzione al settore sanitario», prosegue il manifesto.

Sono tuttavia molte le tradizioni religiose che s’interrogano «su cosa significhi essere umani e vivere giustamente all’interno della rete e della creazione».

Il simposio ha anche valutato quanto la digitalizzazione stia sollevando preoccupazioni pure in materia ecologica: «Gli attori politici, culturali, della società civile e le comunità di fede stanno lottando per rispondere alle minacce ambientali efficacemente», prosegue il manifesto, «per rispondere alle sfide e alle opportunità dell’era digitale, abbiamo però bisogno di un approccio partecipativo inclusivo e olistico, che sia di respiro internazionale, intergenerazionale e basato sul valore sacro della giustizia sociale».

Per giungere a una vera giustizia digitale, conclude il manifesto, «abbiamo bisogno di un movimento trasformativo che passi tra gli individui e le comunità, le istituzioni educative e le agenzie d’informazione, la società civile – comprese le comunità di fede. Un movimento capace di attivare politiche e azioni governative informate e sostenute dalla società civile e fondate su diritti, la dignità umana e i principi democratici. Creeremo una resistenza di base, ispirata alla fede, alle forze che sfidano la dignità umana e che prosperano negli spazi digitali».

 

Foto di Albin Hillert

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