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Una rinnovata “fame” della parola di Dio

Intervista alla pastora Emmanuelle Seyboldt, presidente del Consiglio nazionale della Chiesa protestante unita di Francia

Un atteggiamento di conversione di fronte all'emergenza ecologica: questo il tema al centro dei lavori della Sessione sinodale dell'Eglise protestante unie de France (EpudF) che si è svolta lo scorso 13 maggio a partire dal documento Ecologia: quale (quali) conversione (conversioni)?. Ne parliamo con la pastora Emmanuelle Seyboldt, presidente del Consiglio nazionale della EpudF.

– Il testo preparatorio della sessione sinodale, molto biblico, racconta il rapporto che il Dio creatore intrattiene con la propria creazione, prima di denunciare i guasti che noi le riversiamo addosso. Una domanda si pone nel testo: «Come continuare a dire e a confessare il Dio d'Israele, “il Dio creatore e liberatore” quando tutto è rovina?». Come possiamo continuare a dire che Dio rimane con noi?

«Credo che proprio qui si trovi, effettivamente, il cuore della fede cristiana: quando abbiamo davanti a noi una via d'uscita, non abbiamo bisogno di crederci, la vediamo. Ma quando non c'è scappatoia possibile, quando tutto pare morto, è proprio lì che la potenza di vita e di resurrezione è all'opera per rimetterci in piedi, per aprire una breccia, per ridare vita. È l'immagine di Ezechiele 37: la Parola di Dio ridà vita alle ossa secche trasformandole in un esercito grandissimo, tanto grande da riempire un'intera vallata. E così pure l'uscita dall'Egitto, per gli ebrei, è un doppio passaggio attraverso alla morte: la morte dei primogeniti in tutto l'Egitto e il pericolo di morte nella traversata del Mar Rosso. Il Cristo, poi, affronta la morte sulla croce, ed è da questa morte che avviene la resurrezione: Dio rimane con noi proprio in questi momenti, su quella croce dalla quale spezza tutte le nostre immagini che abbiamo di Lui».

– Il testo preparatorio parla del deserto come di uno «spazio selvaggio, dove non solo Dio nutre, ma da dove anche ci parla dandoci una parola di vita». Nei mesi di lockdown ci siamo rifatti proprio all'immagine del deserto, molto cara al protestantesimo francese, e ci abbiamo riflettuto in studi biblici e sermoni. Ma ora, quando troviamo di che nutrirci, a costo di depredare l'ambiente circostante, abbiamo ancora fame della Parola di Dio?

«Le immagini del Deserto e dell'esilio hanno accompagnato le varie esperienze di confino: quando sentivamo snocciolare le cifre dei morti per Covid in Italia e poi in Francia e altrove, ed eravamo chiusi in casa, eravamo come in esilio – cioè privati di tutto ciò che ci è familiare – e ristretti come in prigione. Si è diffusa anche la paura di non poterci approvvigionare del necessario, la paura della morte era visibile. Ora, dall'inizio di questa prova la Chiesa ha saputo reagire e adattarsi: quando le attività abituali sono state proibite, pastori e Consigli di chiesa si sono reindirizzati su quello che è il centro della missione della Chiesa: il culto (lettura della Bibbia, predicazione e preghiera), la comunione tra i fedeli e l'aiuto reciproco. Molte chiese e pastori hanno proposto momenti di preghiera tutti i giorni, come magari prima non facevano. Ho visto svilupparsi una rinnovata “fame” della Parola di Dio, e da quando si sono riattivati i culti pubblici nuove persone arrivano la domenica nei luoghi di culto. Questa prova ci ha sconvolto e ci costringe a porci nuovi problemi».

– Il documento fa un riferimento al Dio che «chiama all'esistenza le cose che non sono» (Romani 4, 17) poi accenna da una parte alla creazione che «geme ed è in travaglio» (Romani 8, 22) e dall'altra all'ambiente delle parabole, che illustrano «come il mondo naturale e selvaggio ha contribuito a rappresentare la realtà del regno che viene, la vicinanza di una parola di vita, o la speranza»: come coesistono questi due scenari?

«La promessa di vita è fatta agli esseri umani su questa terra. Il libro dell'Apocalisse presenta un mondo di pace e di giustizia, dove non ci saranno più il lutto e le lacrime, immerso in una natura rigogliosa: i due termini, esseri umani e natura, sono strettamente legati in questa promessa».

– Più volte il documento base fa riferimento a Jacques Ellul*: quel è l'attualità del suo pensiero rispetto ai problemi dell'ambiente e della tecnica?

«Il testo proposto al Sinodo si ispira direttamente ai lavori di Ellul, in particolare quando pone all'attenzione la necessità di “impedirci” di fare determinate cose che saremmo in grado di fare. Ellul ci metteva in guardia: se tecnicamente si possono fare determinate azioni, finiremo per farle, anche se dannose. E oggi il mondo si trova di fronte a questa sfida: saremo in grado di impedirci di fare tale o talaltra cosa? Chi ne ha la possibilità, saprà astenersi dal prendere l'aereo troppo frequentemente per andare in vacanza? Saprà accettare di darsi dei limiti al fine di ridurre l'inquinamento? Sono questioni di stretta attualità».

– Come proseguirà la riflessione sinodale della EpudF su questi temi?

«Le comunità vi hanno lavorano fra il 2018 e il 2019, poi ci sono stati i Sinodi regionali: ora tocca a quello nazionale. I partecipanti alla sessione di maggio hanno fornito le loro osservazioni e lavoreranno per presentare un nuovo documento alla sessione di ottobre, che speriamo di poter tenere in presenza».

 

* J. Ellul (1912-1994), giurista, sociologo e teologo francese di Bordeaux. Sono disponibili in italiano, fra gli altri titoli: Il sistema tecnico (Jaca Book, 2009); L'impossibile preghiera (Gbu, 2020).

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