Sono pratiche aberranti
21 maggio 2021
La Gran Bretagna pronta a votare una legge che vieta le cosiddette terapie di conversione, attuate per “correggere” l’orientamento sessuale e di genere
Nel suo tradizionale discorso al Parlamento inglese, lo scorso martedì 11 maggio, in occasione della ripresa dei lavori della Camera dei Comuni e dei Lord, la regina Elisabetta II ha annunciato la messa al bando delle cosiddette “terapie di conversione”, quelle pratiche intese a modificare l’orientamento sessuale o l’identità di genere. Sviluppate in ambito medico negli anni Cinquanta negli Stati Uniti, e praticate fino agli anni Settanta, sono poi state riprese da alcune chiese e organizzazioni religiose conservatrici, con pratiche non meno crudeli degli elettroshock e delle terapie ormonali praticate in altri tempi; non si tratta infatti sono di preghiere e sedute, ma di violenze fisiche (anche sessuali) e psicologiche, privazione di cibo, esorcismo.
Il Governo inglese intende porre fine a «pratiche odiose che possono causare danni mentali e fisici», ma prima di deliberare la nuova legge è stata prevista, come annunciato dalla stessa regina, una consultazione pubblica (alla quale prenderà parte anche il Royal College of Psychiatrists) per evitare «conseguenze non volute» e avere un confronto aperto con il personale medico, gli insegnanti, i leader religiosi, tutte figure che possono aiutare le persone (in particolar modo i più giovani) a conoscere meglio la propria identità di genere attraverso forme legittime di sostegno.
Difficile dare una stima precisa di questo fenomeno, secondo una ricerca governativa del 2018 condotta su 108.000 persone LGBT, il 5% ha dichiarato di aver ricevuto l’offerta di qualche forma di “terapia”, il 2% di averla subita, con una percentuale molto più alta nelle minoranze etniche (il 10% dei cristiani e il 20% dei musulmani). In più della metà dei casi la “terapia” è stata offerta o praticata da gruppo religioso, ma nel 20% dei casi, e il dato fa riflettere, da personale sanitario.
Il tema è al centro del dibattito politico inglese dal 2018, da quando l’allora Premier Theresa May aveva promesso di sradicare queste pratiche all’interno di un piano di misure (Lgbt Equality Plan) ma diverse autorità religiose si erano opposte e il processo si era arenato.
Molti altri esponenti religiosi però chiedono da tempo un pronunciamento, e hanno accolto con molto favore questa decisione. Già nel 2017 il Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra aveva sostenuto una risoluzione per l’interdizione della terapia di conversione (ne avevamo scritto qui), e diversi leader anglicani si sono nuovamente pronunciati contro queste pratiche. Già lo scorso dicembre, avevano aderito all’iniziativa della “Commissione interreligiosa mondiale LGBT+”, una dichiarazione comune per dire basta a questa forma di violenza (ne avevamo parlato qui), firmata da circa 400 responsabili di diverse religioni, da 35 paesi.
I vescovi gallesi plaudono ora l’annuncio di messa al bando delle “terapie di conversione” con un comunicato dello scorso 14 maggio in cui scrivono: «Crediamo che la sessualità umana sia un dono di Dio, da amare e onorare. È una parte intrinseca di chi siamo come esseri umani e un’espressione della gloriosa diversità di Dio nella creazione. Qualunque cosa cerchi di suggerire che c’è qualcosa di intrinsecamente sbagliato o peccaminoso in coloro che non sono eterosessuali o che cerchi di obbligare le persone a cercare di cambiare la loro sessualità è, noi crediamo, sbagliato. È sia abusante che traumatizzante, come possono testimoniare coloro che hanno sperimentato tale “terapia”. Uniamo le nostre voci al Royal College of Psychiatrists e ad altri professionisti in ambito sanitario per affermare che la pratica delle terapie di conversione gay infligge danni permanenti su coloro che sono costretti a subirla, e non ha posto nel mondo moderno».
Negli altri Paesi la situazione è molto variegata: diversi hanno introdotto divieti totali o parziali, come negli Stati Uniti (dove il bando c’è in 20 Stati, ma in diversi non sono contemplate le organizzazioni religiose) e in Canada, e in buona parte dei paesi dell’America Latina.
Nel marzo 2018, il Parlamento europeo ha votato una risoluzione chiedendo agli Stati membri di vietare queste pratiche, ma la strada è ancora lunga
La Germania (dove secondo l’organizzazione per i diritti umani Magnus Hirschfeld Foundation, circa 1000 persone sono vittime di queste pratiche ogni anno) è l’unica ad avere emanato, un anno fa, una legge che vieta le terapie di conversione, ma solo sui minori.
In Francia già nel 2019 era stata condotta un’inchiesta parlamentare, che aveva portato alla luce la complessità del tema, e nello stesso anno una video-inchiesta sconvolgente, diffusa dal canale Arte (si può ancora vedere a questo link) aveva tratteggiato la situazione in cinque paesi occidentali tra cui appunto la Francia.
Ma si continua ancora oggi ad aspettare una legge; lo stesso giorno in cui la regina d’Inghilterra faceva il suo discorso, la deputata Laurence Vanceunebrock interveniva all’Assemblea nazionale sul tema (qui l’articolo di Le Monde).
La Svizzera potrebbe essere il prossimo paese a seguire la Gran Bretagna: nel settembre 2019, il Consiglio federale si era pronunciato contro l’inserimento dell’interdizione nella legge, denunciando tuttavia queste pratiche controverse. Lo scorso marzo il Gran Consiglio di Ginevra ha approvato all’unanimità la mozione per vietare queste pratiche (che riguardano quasi 14.000 persone), e nel Cantone di Vaud è stata depositata un’analoga misura.
In Italia nel 2016 è stato presentato in Senato il disegno di legge “Norme di contrasto alle terapie di conversione dell’orientamento sessuale dei minori”, ma a giudicare delle polemiche di queste settimane intorno al ddl Zan, siamo ancora ben lontani.