Fukushima. In mare 1,25 milioni di tonnellate di acqua “contaminata”
16 aprile 2021
La Commissione globalizzazione e ambiente delle chiese evangeliche italiane: «Il nucleare impone di ricordare che è pericoloso scegliere percorsi tecnici e tecnologici di cui non si conoscono chiaramente le conseguenze»
Proponiamo qui di seguito il comunicato reso noto dalla Glam, la Commissione Globalizzazione e Ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, coordinata da Antonella Visintin:
«Ci eravamo quasi dimenticati che l’anno 2021 era iniziato con la notizia che in Italia la Società gestione impianti nucleari SOGIN (società che si occupa dello smantellamento delle vecchie centrali, con il benestare dei Ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, ndr) aveva reso pubblica la individuazione di 67 siti nazionali potenzialmente idonei ad ospitare i rifiuti radioattivi attualmente collocati in una zona non idonea.
Per custodire i rifiuti nucleari sarà costruito un unico grande deposito nazionale, dove verranno portate le scorie attualmente stoccate nei venti depositi che si trovano in Italia e quelle che negli ultimi anni sono state portate in Francia e nel Regno Unito. Si tratta di 33mila metri cubi di scorie radioattive che vanno custodite in sicurezza almeno per i prossimi 300 anni, il tempo necessario a far calare la radioattività.
Altri 45mila metri cubi saranno prodotti nei prossimi anni, non da centrali nucleari che in Italia sono in dismissione dopo il referendum del 1987, ma da settori come la medicina, l’industria e la ricerca.
Sono insorti gli enti locali e apparentemente la questione è congelata. E ora il nucleare civile risale la cronaca con la notizia che il Governo del Giappone sverserà nell’Oceano Pacifico un milione di tonnellate di acqua contaminata impiegata per raffreddare i reattori danneggiati nell’incidente nucleare di Fukushima: l’equivalente di 140 tonnellate di acqua contaminata al giorno che, pur trattata negli impianti di bonifica, continua a contenere il trizio, isotopo radioattivo dell’idrogeno.
Il processo inizierà tra due anni. In questi dieci anni il gestore della centrale, la Tokyo Electric Power (Tepco), ha accumulato circa un migliaio di serbatoi di acqua contaminata nell’area adiacente all'impianto, l’equivalente di 1,25 milioni di tonnellate di liquido, e raggiungerà la massima capacità consentita entro l’estate del 2022. Il Giappone non può installare altri serbatoi e occorre liberare spazio nei locali per consentire la conservazione - tra le altre cose - di detriti altamente radioattivi che verranno presto estratti dai reattori danneggiati: soltanto un primo passo in un processo di bonifica e decontaminazione che potrebbe durare almeno fino al 2051.
Che dire? Secondo l’ENI, le 128 centrali atomiche installate in 14 dei 28 Stati europei producono circa un terzo dell’elettricità e un settimo dell’intera energia consumata nell’Unione Europea. Un rischio socialmente accettato come lo sono le guerre - finora lontane da casa - per il controllo delle fonti fossili (da cui sembra che non possiamo più prescindere in ogni aspetto della nostra vita) nel quadro di un modello che mette in conto scorie e incidenti, distruzioni di eco sistemi e alterazioni genetiche confidando che un Dio infinitamente buono metta tutto a posto.
Il nucleare impone di ricordare che è pericoloso scegliere percorsi tecnici e tecnologici di cui non si ha chiaro come vanno a finire: manipolazioni genetiche, produzione di rifiuti, cioè prodotti finali di processi produttivi lineari invece che circolari, che siano nucleari o basati su altre trasformazioni della materia.
L’11 marzo 2011 il catastrofico incidente di Fukushima fu innescato prima da un terremoto di magnitudo 9 e poi da uno tsunami che ha provocato il surriscaldamento del combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo all’interno dei reattori, a cui si accompagnarono le esplosioni di idrogeno e le emissioni di radiazioni. Lo tsunami investì la costa nord-orientale del Giappone, sommergendo la centrale e provocando la fusione dei noccioli di tre reattori nucleari. La centrale era stata costruita sulla costa appena 4 metri sul livello del mare, con dighe frangiflutti alte 5 metri, in una zona soggetta a tsunami con onde alte 10-15 metri. Per di più vi erano state gravi mancanze nel controllo degli impianti da parte della Tepco, la società privata di gestione della centrale: al momento dello tsunami, i dispositivi di sicurezza non erano entrati in funzione.
Per raffreddare il combustibile fuso, è stata per anni pompata acqua attraverso i reattori. L’acqua, divenuta radioattiva, è stata stoccata all’interno della centrale in oltre mille grandi serbatoi, accumulandone 1,23 milioni di tonnellate. La Tepco sta costruendo altri serbatoi, ma a metà del 2022 anch’essi saranno pieni. Dovendo continuare a pompare acqua nei reattori fusi, la Tepco, in accordo col governo, ha deciso di scaricare in mare quella finora accumulata, dopo averla filtrata per renderla meno radioattiva (non si sa però in quale misura) con un processo che durerà 30 anni.
Vi sono inoltre i fanghi radioattivi accumulatisi nei filtri dell’impianto di decontaminazione, stoccati in migliaia di container, ed enormi quantità di suolo e altri materiali radioattivi. Il Giappone dunque sverserà un milione di tonnellate di acqua contaminata impiegata per raffreddare i reattori danneggiati nell’incidente nucleare di Fukushima nell’Oceano Pacifico. Lo ha reso noto il primo ministro Yoshihide Suga, confermando l’esito di una decisione molto attesa per le sue implicazioni ambientali, presa malgrado la netta opposizione di diversi paesi dell’area, dell’industria della pesca e dei rappresentanti dell’agricoltura locale. Da allora, la manutenzione della centrale genera l’equivalente di 140 tonnellate di acqua contaminata al giorno che, pur trattata negli impianti di bonifica, continua a contenere il trizio, un agente radioattivo.
Lo spazio sarà esaurito entro la fine dell’estate. Il Giappone può installare altri serbatoi? La risposta a questa domanda arriva dallo stesso governo nipponico che sostiene ci sia la necessità di liberare spazio nei locali per consentire la conservazione - tra le altre cose - di detriti altamente radioattivi che verranno presto estratti dai reattori danneggiati: soltanto un primo passo in un processo di bonifica e decontaminazione che potrebbe durare almeno fino al 2051.
Protestano i Paesi vicini e la Corea del Sud si appella agli organismi internazionali, affinché non restino a guardare senza far nulla. "Abbiamo sempre sottolineato che il governo giapponese ha bisogno di trattare in modo trasparente le informazioni su come gestisce l’acqua contaminata - ha spiegato il ministro degli Esteri della Corea del Sud -. Ma a nulla sono valse, a quanto pare, le opposizioni".
Per un essere vivente sarebbe possibile (dicono dal Giappone) persino immergersi in quell’acqua, senza alcuna conseguenza. Tutte teorie, che non sembrano convincere gli esponenti dell’industria della pesca, i consumatori locali, gli ambientalisti e neppure i paesi vicini, come Corea del Sud e Cina, che protestano a gran voce. A rovinare gli annunci quasi propagandistici per quest’acqua che, continuando di questo passo, rischia di esser presentata al mondo persino per le incredibili proprietà benefiche per il corpo, ci ha pensato però Zhao Lijian, il portavoce del ministero degli Esteri cinese: "La fuoriuscita di materiale radioattivo causata dall’incidente nucleare di Fukushima in Giappone ha avuto un profondo impatto sull’ambiente marino, sulla sicurezza alimentare e sulla salute umana. Il governo giapponese dovrebbe divulgare informazioni adeguate e prendere una decisione attenta basata sulla piena consultazione con i Paesi vicini"».