In Nigeria altra strage di innocenti: almeno 110 morti
30 novembre 2020
Il peggior massacro dell'anno, ancora ad opera del gruppo terrorista Boko Haram, dato per sconfitto un anno fa dal presidente nigeriano. E che invece ancora controlla intere regioni
Almeno 110 persone sono state uccise sabato 28 novembre in un attacco a un villaggio nel nord-est della Nigeria, attribuito al gruppo jihadista di Boko Haram, secondo il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite nel Paese.
«Almeno 110 civili sono stati uccisi senza pietà e molti altri sono rimasti feriti in questo attacco», ha detto Edward Kallon in un comunicato dopo che le notizie iniziali indicavano 43 e poi almeno 70 morti nel massacro di sabato causato da sospetti combattenti di Boko Haram. «Si tratta dell'attacco diretto più violento contro civili innocenti quest'anno», ha detto Kallon, aggiungendo: «Chiedo che gli autori di questo atto atroce e insensato siano assicurati alla giustizia».
L'attacco è avvenuto nel villaggio di Koshobe vicino alla città di Maiduguri, con aggressori che hanno preso di mira i contadini nelle risaie. Il governatore dello stato di Borno, Babagana Umara Zulum, domenica ha partecipato alla sepoltura nel vicino villaggio di Zabarmari di 43 corpi recuperati sabato, dicendo che il bilancio era destinato ad aumentare dopo la ripresa delle operazioni di ricerca. Così effettivamente è stato.
Le vittime, orrendamente giustiziate, sono lavoratori provenienti dalla regione di Sokoto nel nord-ovest della Nigeria, a circa 1.000 km di distanza, che si erano recati nel nord-est per trovare lavoro. Kallon ha citato «racconti secondo i quali diverse donne potrebbero essere state rapite» e ha chiesto il loro rilascio immediato e il ritorno in salvo. Il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, ha condannato l'attacco, dicendo: «L'intero Paese è stato ferito da queste uccisioni senza senso». L'attacco è avvenuto mentre gli elettori andavano alle urne in elezioni locali a lungo ritardate nella regione di Borno. Il voto era stato ripetutamente rinviato a causa di un aumento degli attacchi di Boko Haram e di una fazione dissidente rivale, Iswap. I due gruppi sono stati accusati di aumentare gli attacchi a taglialegna, agricoltori e pescatori, che accusano di essere spie per conto dell'esercito e delle milizie filogovernative.
«Boko Haram come lo abbiamo conosciuto finora non esiste più» diceva solo un anno fa Garba Shehu, portavoce del presidente della Nigeria Buhari, a dieci anni esatti dall’uccisione, in circostanze ancora poco chiare, durante l’arresto da parte della polizia, di Mohammed Yusuf, fondatore dell’organizzazione terroristica, il cui nome in hausa significa «L’educazione occidentale è tabù», e che da un decennio sta imperversando soprattutto nel nord-est del Paese, diffondendosi anche in Mali, Burkina Faso e Niger.
L’uccisione di Yusuf è considerata l’inizio dell’ascesa di Boko Haram, formatosi all’inizio degli anni Duemila canalizzando le frustrazioni di giovani uomini disoccupati e insoddisfatti da un governo corrotto e inefficiente, che nell’ultimo decennio ha fatto circa 27.000 morti e più di due milioni di profughi.
Lo stato di emergenza viene dichiarato nel 2013, e negli anni centinaia di ragazze (tra cui molte studentesse, ricordiamo ad esempio il rapimento nel 2014 di 276 ragazze da Chibok, 100 delle quali sono tuttora scomparse, vedi l’articolo qui), ragazzi e uomini vengono rapiti per diventare schiave sessuali, soldati e kamikaze.
Nel 2016 Boko Haram si divide in due fazioni, una delle quali direttamente affiliata allo Stato islamico (Isis), e più volte viene dichiarato che, grazie al governo del presidente Muhammadu Buhari, il Paese è più sicuro rispetto al 2015 e che «Boko Haram è stato tecnicamente sconfitto». Anche se il movimento che un tempo controllava metà della Nigeria ora è confinato in aree marginali, le zone rurali degli stati di Borno, Adawama e Yobe, la nazione deve confrontarsi con «un miscuglio» di residui non solo di Boko Haram ma «di gruppi criminali e jihadisti del Maghreb e dell’Africa occidentale, arrivati dopo la crisi in Libia e la sconfitta dello Stato islamico in Medio Oriente». In seguito a questo, nel Paese si è riscontrato «un aumento dei crimini transfrontalieri e la proliferazione delle armi leggere nel bacino del lago Ciad (al confine fra Nigeria, Ciad, Camerun e Niger)», ed è lo stesso comunicato presidenziale che annunciava la sconfitta di Boko Haram ad ammetterlo.
Parole al vento di politici irresponsabili.