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Corridoi umanitari, la vice ministra Del Re a Beirut incontra gli operatori di Mediterranean Hope

La vice ministra degli esteri in visita nella capitale libanese. Irene Vlad, operatrice della Fcei: «Considerare anche le famiglie miste e le persone rese ancora più vulnerabili dalla devastazione delle esplosioni di agosto»

«I corridoi umanitari dal Libano sono ancora più necessari». Lo ha detto oggi Irene Vlad, operatrice di Mediterranean Hope (Mh, il programma rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia) in Libano, nel corso di un incontro a Beirut con la vice ministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Emanuela Del Re.

All’appuntamento con la società civile hanno preso parte l’ambasciatrice Nicoletta Bombardiere e i rappresentanti di diverse realtà attive a Beirut, tra le quali circa dieci Ong.

Mediatori, operatori e attivisti hanno discusso con le istituzioni della situazione attuale in Libano, a seguito del disastro dello scorso 4 agosto, a seguito del quale, lo ricordiamo, sono morte 190 persone.

La vice ministra Del Re ha ribadito anche in questa occasione il suo sostegno al progetto dei corridoi umanitari, già premiati lo scorso anno col prestigioso Nansen Award dell’UNHCR e oggetto tra l’altro di una giornata di studi al Parlamento europeoe di un convegno alla Camera.

Mediterranean hope, programma migranti e rifugiati della federazione delle chiese evangeliche in Italia, opera infatti proprio a Beirut dal 2016, attraverso i corridoi umanitari. Il progetto ha permesso di far arrivare in legalità e sicurezza oltre 1800 rifugiati, per lo più di origine siriana. Ad oggi i viaggi sono sospesi, a causa dell’emergenza sanitaria e dopo il disastro che ha colpito la città libanese. E’ in stand-by un ultimo viaggio che fa parte del protocollo in vigore tra Fcei, Tavola Valdese, S.Egidio e Ministeri degli Interni e degli Esteri, con, come ha ricordato Vlad, «circa un centinaio di persone che sarebbero dovute partire lo scorso marzo». E che aspettano di poter prendere un volo per Roma, compatibilmente con lo stabilizzarsi della situazione. Quel che è certo è che nel frattempo in Libano le condizioni di vita per tutti e in primis per i migranti, sono peggiorate drasticamente.

«Pensiamo ad esempio di allargare il nostro campo d’azione alle famiglie miste, metà siriane e metà libanesi», ha continuato l’operatrice Mh, «così come di provare a collaborare con associazioni e comitati che si stanno dando da fare per aiutare le fasce più povere della popolazione». Una di queste è Nation Station, una stazione abbandonata, nel quartiere di Geitawi, riqualificata da un gruppo di volontari (tra i quali anche la stessa Irene Vlad) e diventata un centro che distribuisce pasti e beni di prima necessità.

Proprio per supportare le realtà locali “dal basso”, che si sono mobilitate subito dopo l’esplosione dello scorso agosto, la FCEI ha lanciato una raccolta fondi, ancora in corso.

«Quanto a Medical hope – il progetto sostenuto dall’Otto per mille battista, che opera in sinergia con Mediterranean Hope, il cui referente è il medico Luciano Griso – pensiamo che l’attività dovrà mirare ad ampliare la sua azione in zone di solito non target».

Le esplosioni e la crisi hanno cioè cambiato nuovamente il volto – e la geografia – dei bisogni e delle necessità della popolazione. E i progetti degli evangelici cercheranno di essere presenti e dare risposte alle nuove fragilità.

Interesse geografico: