Ora è il momento di essere chiesa
01 luglio 2020
In una lettera i leader della Federazione luterana mondiale invitano le chiese membro della comunione a cogliere le sfide del contesto post Covid lavorando insieme e sostenendo i più vulnerabili
Il presidente della Federazione Luterana Mondiale (Flm), l’arcivescovo Dr Panti Filibus Musa, e il segretario generale, rev. Martin Junge, hanno inviato una lettera ai leader di tutte le chiese membro nella quale esprimono ringraziamento per la testimonianza di fede delle comunità luterane, mentre affrontano difficoltà senza precedenti. «Stiamo vivendo tempi di sfida e cambiamento», scrivono, «ma la chiamata di Dio alla missione rimane ininterrotta».
I leader della Flm evidenziano che le chiese hanno trovato il modo di mantenere una vibrante vita di culto e preghiera mentre non era loro concesso di riunirsi fisicamente, e hanno discusso di nuovi argomenti teologici che sono sorti da queste sfide. Facendo eco alle parole dell’antico salmista, dicono: «Davvero, Dio è stato una fortezza potente, che ha custodito la chiesa dall’incertezza paralizzante e l’ha ispirata a una testimonianza creativa».
Nella lettera Junge e Musa sottolineano anche come la pandemia abbia messo in luce disuguaglianze e ingiustizie profonde, «incluso il razzismo che è emerso con particolare virulenza». In particolare il ringraziamento va alle chiese di tutto il mondo che «si oppongono fermamente al razzismo e ad altre forme di discriminazione, alla violenza contro le donne, compresa la violenza sessuale e l’ingiustizia».
Per quanto sia difficile il nostro contesto, Musa e Junge affermano nella lettera che «ora è il momento di essere chiesa» e di condividere i suoi «ricchi tesori e talenti» con «le persone e le comunità che desiderano che la vita sia di nuovo piena». «Ora è il momento di riunirci», esortano i leader della Flm, e di condividere «parole di fede, speranza e amore» con coloro che «soffrono ansie e paure».
Richiamando le difficoltà che il mondo affrontò dopo la Seconda guerra mondiale, Musa e Junge ricordano che la Flm fu fondata nel 1947: un tempo in cui le economie erano in stallo e i sistemi politici in discussione, mentre «paura, ansia e disperazione segnarono l’umore del tempo».
Mentre il mondo cercava di riprendersi dal trauma della brutalità diffusa e ripristinare le relazioni tra popoli e nazioni, le chiese luterane condivisero la consapevolezza che «solo unendosi e cooperando sarebbero state in grado di rispondere alle sfide teologiche, pastorali e diaconali del tempo. Capirono che la loro presenza locale di compassione, guarigione e riconciliazione, richiedeva un’espressione globale che avrebbe nutrito e rafforzato la propria testimonianza».
A partire da quella eredità Musa e Junge incoraggiano le chiese membro a «continuare a coltivare e sostenere la comunione delle chiese. Avvicinatevi, rimanete in contatto, lavorate insieme, sostenete le strutture regionali e globali come luoghi di apprendimento reciproco, condivisione di risorse e testimonianza globale».
Nell’attuale contesto di incertezza e cambiamento, la cooperazione tra le chiese luterane è particolarmente importante, sottolineano Musa e Junge. Dinanzi alle sfide di trovare «nuovi linguaggi, nuove forme, nuove espressioni» per rendere vivo il Vangelo nel mondo di oggi, i cristiani possono confidare nello Spirito Santo mentre si impegnano in un processo di riforma in corso».
Proprio come i fondatori della Flm assunsero un grande impegno a servizio dei rifugiati e degli sfollati nel periodo postbellico, Musa e Junge incoraggiano oggi le chiese della comunione luterana e le loro agenzie diaconali a continuare a offrire insieme «un ministero di compassione, servizio e giustizia» tra rifugiati e vulnerabili, in particolare quelli fortemente colpiti dalle conseguenze della pandemia.
I due leader luterani concludono la lettera invitando tutte le chiese membro «a procedere con fiducia e speranza» verso la prossima Assemblea della Flm che si svolgerà a Cracovia, in Polonia, nel settembre 2023 con il tema «Un corpo, uno spirito, una speranza», che richiama le parole dell’apostolo Paolo (Efesini cap. 4, 4).