Come famiglia, viviamo nella creazione di Dio
14 maggio 2020
Una lettera del segretario generale della Comunione mondiale di chiese riformate
«Perciò, avendo noi tale ministero in virtù della misericordia che ci è stata fatta, non ci perdiamo d’animo»: questo versetto della II Lettera ai Corinzi (4, 1) apre la Lettera pastorale che Chris Ferguson, segretario generale della Comunione mondiale di Chiese riformate (Cmcr/Wcrc) ha indirizzato alle chiese membro il 12 maggio e dedicata ai riflessi sulla testimonianza cristiana di fronte all’emergenza Coronavirus.
Uscito un mese dopo la Pasqua, il testo viene pubblicato «mentre la pandemia continua con il suo percorso di distruzione e di morte». «Il bilancio in termini di vite umane – scrive Ferguson – è devastante e dilacerante. La situazione rivela a tutti e obbliga tutti a riconoscere le condizioni di diseguaglianza, di ingiustizia razziale, di genere, sociale, economica ed ecologica che precedevano la pandemia e che quest’ultima ha reso ancora più fatali (...); la pandemia ci obbliga ora a vedere il mondo scandaloso descritto nella Confessione di Accra (2004) e a prendere atto che Dio ci spinge a unirci per la trasformazione del mondo».
«Sappiamo – prosegue il testo – di vivere in un mondo preda dei ladri (Giovanni 10, 10) E sappiamo che in termini biblici questa si configura come una crisi, un momento di giudizio, che richiede di prendere decisioni fondamentali. E d’altra parte, in virtù della misericordia di Dio, non ci scoraggiamo! Siamo consapevoli di aver ricevuto un ministero: come tutti i cristiani e tutti i popoli, dobbiamo unirci a Dio per poter riconciliare il mondo con Dio». Ferguson spiega che fare parte della Comunione riformata significa anche «condividere la dimensione mondiale di questa pandemia mentre ogni chiesa vive intensamente la situazione nel suo specifico contesto». Tuttavia «le persone più vulnerabili sono state colpite non solo dal virus ma anche dalla reazione al virus, che ha lasciato milioni e milioni di persone prive di reddito e oppresse da misure autoritarie che colpiscono i più poveri e deboli».
Il messaggio rende conto del sentimento di appartenere a una grande famiglia, con la consapevolezza di vivere nella creazione di Dio. La lettera segnala che la pandemia ha impedito la riunione del Comitato esecutivo, prevista in questo mese a Hannover, cionondimeno continua l’opera di vicinanza e sostegno reciproco fra le chiese coinvolte e proseguirà anche la condivisione delle risorse per le emergenze, che si basano anche su fondi messi a disposizione dall’Otto per mille della Chiesa valdese.
La Wcrc vuole tendere la mano a tutti i suoi membri «per prendere parte a un esercizio mondiale di discernimento, fondandoci sulle risorse teologiche e sulla prospettiva biblica (...) per leggere i segni dei tempi e rispondere al nostro appello di koinonìa mondiale confessante, portatrice di testimonianza e riformatrice. Auspichiamo – si dice – un’azione di accompagnamento e un sostegno reciproco nel ministero pastorale e profetico a cui Dio ha chiamato la chiesa». Un testo di Paolo (II Corinzi 1) informa di sé il sentimento del messaggio: «La nostra speranza nei vostri riguardi è salda, sapendo che, come siete partecipi delle sofferenze, siete anche partecipi della consolazione» (v. 7) unitamente all’appello di Michea: «... che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?» (6, 8).
Di questo messaggio, che giunge in un frangente particolarmente drammatico, abbiamo parlato con il pastore Claudio Pasquet, membro del Comitato esecutivo della Wcrc, presente all’Assemblea di Accra.
In che modo l’eredità della Confessione di Accra si collega a questo testo?
«Va fatta una premessa: La Comunione mondiale di Chiese riformate ha assunto tale nome dopo l’Assemblea di Gran Rapids (Usa, 2010) in cui l’Alleanza riformata mondiale (di cui la Chiesa valdese era membro sin dalla fondazione) e altri organismi di collegamento si unirono per dar voce unica alle chiese che si rifanno all’eredità della riforma ginevrina. Tra gli accordi di questa unione vi fu il pieno riconoscimento anche della Confessione di Accra. Nell’Assemblea del 2004 ad Accra venne votata una Confessione di fede che rispondeva sostanzialmente a due sfide: l’idolatria del libero mercato e la distruzione ecologica del pianeta. Il versetto di Giovanni 10, 10, riferimento biblico dell’Assemblea stessa, citava la parola di Gesù che parla di avere «vita in abbondanza per tutti». Nella consapevolezza che tale vita è garantita a pochi in questo pianeta, i riformati accettarono la sfida. Caratterizzava i primi anni del 2000 un messaggio martellante sui mediache esaltava il liberismo economico, che guardava con fastidio ai limiti imposti al mercato. Questo, si diceva, avrebbe permesso a tutti di essere più ricchi e felici, sarebbe stato il grande regolatore delle ingiustizie del mondo. Pensiamo a che cosa sarebbe accaduto in questa pandemia se tutto fosse stato privatizzato, a esempio la sanità pubblica. Di fronte a questa “salvezza” promessa dal mercato, i riformati non temettero di usare una parola forte: idolatria! Infatti ogni parola di salvezza che si proponga tale, indipendentememte o contro Dio, non può essere da noi credenti accettata, anzi la avversiamo forti della Parola di Dio».
– Dalla consapevolezza di essere parte della creazione di Dio alla necessità di riavvicinarci a lui per favorire la riconciliazione del mondo con Dio: come si può articolare questo passaggio nella predicazione e nella vita delle nostre chiese?
«È questa una seconda sfida, strettamente connessa alla prima. Se non si devono porre limiti al mercato, questi può liberamente continuare a divorare la terra e i suoi abitanti nel nome del profitto. La risposta della Confessione di Accra fu che come credenti siamo chiamati a riconciliare il mondo e la creazione con Dio. Perché la creazione ci è stata affidata perché la custodissimo e non per annientarla. Essa è e resta proprietà del Signore: «noi come famiglia sappiamo di non essere soli, poiché viviamo nella creazione di Dio». Questa affermazione va riletta e rivissuta nella nostre chiese e nella nostra società. Il Covid ha dimostrato che siamo davvero tutti interconnessi nel male e nella sofferenza, perché non unirci nella solidarietà e nel rispetto del creato? Questo sarà particolarmente vero uscendo da questa crisi: già sentiamo parlare con fastidio di eliminazione dei vincoli e di libertà economica e di mercato, Vuol dire ricominciare a inquinare e sfruttare il prossimo senza limiti? A questo gioco al massacro del creato e dell’umanità, vogliamo sottrarci. In conclusione credo che la Confessione di Accra sia stata profetica, varrebbe la pena ripubblicarla, purtroppo è tornata a essere di grande attualità».
Qui si possono scaricare i testi della Confessione di Accra.