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Pandemia e chiese chiuse

La Conferenza delle chiese europee (Kek) s’interroga sulla libertà di culto in tempo di pandemia ed emette un comunicato allarmato

Il gruppo tematico peri i diritti umani e la libertà religiosa della Conferenza delle chiese europee (Kek) venerdì scorso ha diramato un documento che esprime preoccupazione in tema di libertà religiosa e di culto in tempi di pandemia Covid-19.

Una dichiarazione, relativa alla situazione mondiale, diramata pochi giorni prima dell'uscita del Decreto del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm), enunciato proprio ieri sera in Italia dal presidente Conte, che di fatto ha prorogato la chiusura dei luoghi di culto scatenando l’immediata contrarietà della Conferenza episcopale italiana (Cei). 

Una decisione che probabilmente costringerà il governo a una revisione del provvedimento per via delle le implicazioni «politiche» emerse oggi.

«Quest’anno – recita il documento della Kek – ai cristiani di molti paesi è stato impedito di radunarsi per commemorare i propri ai funerali e di celebrare i culti e le messe pasquali per ricordare la crocifissione, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo» si legge nel documento, che prosegue «la protezione dei più deboli e dei più vulnerabili è un grande merito che riconosciamo, e che dev’essere bilanciato con quello religioso e spirituale che si esprime anche con il bisogno delle comunità di raccogliersi insieme in preghiera».

Il documento, poi, afferma quanto sia importante riconoscere che il divieto in corso non «è equiparabile a una discriminazione o a una persecuzione religiosa -  perché - questa misura restrittiva ha il solo scopo di salvaguardare la vita umana dei credenti e della società tutta». Tuttavia, «le restrizioni dei diritti fondamentali, dovrebbero muoversi su basi giuridiche necessarie, adeguate, ragionevoli e proporzionate in base all’utilità per le quali sono state emesse».

Pertanto, mentre è sempre necessario negli Stati democratici osservare, interrogare e controllare da vicino le azioni del governo, specialmente quando limitano i diritti fondamentali, questo non è il momento di fraintendere la "disobbedienza civile". .
 
Nel frattempo, anche se alcune delle misure pongono chiaramente domande sul fatto che siano adeguate e proporzionate e garantiscano la parità di trattamento ai diversi attori sociali, i cittadini di tutte le fedi e credenze dovrebbero esercitare pazienza e buona volontà. Dovrebbero continuare a seguire i regolamenti ufficiali progettati per proteggere gli altri dalle infezioni e offrire il loro aiuto in luoghi in cui le restrizioni alla vita sociale stanno causando particolari difficoltà .
 

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