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«Siamo un solo corpo»

Prosegue in ciclo di interviste del Consiglio ecumenico delle chiese in tema di Covid -19 ai responsabili di chiese, operatori sanitari e membri di organizzazioni umanitarie. Oggi è il turno di Beate Jacob dell’Istituto tedesco per la missione medica

Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) ha recentemente pubblicato online «Salute e speranza», una raccolta di articoli utili per riflettere sulla lotta mondiale che siamo stati chiamati a condividere per contrastare la pandemia di Covid-19. 

Insieme a questa risorsa, l’ufficio Comunicazione del Cec sta raccogliendo le considerazioni personali di esperti che operano attraverso la loro fede nel mondo. 

La dottoressa Beate Jakob è la consulente per la salute e la guarigione presso l’Istituto tedesco per la missione medica.

In che modo ritiene che la saggezza ricevuta dalle esperienze del passato possa aiutarci a far fronte all’attuale situazione pandemica?

«Questa pandemia dimostra che le nostre società e la nostra economia e così i sistemi sanitari, questi in particolar modo, sono fragili e vulnerabili. Un piccolo virus ha fermato e devastato tutto. Questo virus rivela a tutti noi l’impotenza umana e lo fa in un momento in cui l’umanità intera, invece, si riteneva onnipotente. La pandemia insegna che non siamo i padroni della nostra vita e tantomeno del mondo che ci ospita. Ci ricorda la saggezza della Bibbia e che siamo interdipendenti, che possiamo vivere solo per grazia di Dio».

Qual è la sfida più grande nel contesto attuale?

«Da una parte la necessità di una serrata, di uno “spegnimento di tutto”, sono state misure necessarie e importanti per la salute pubblica. D’all’altra stanno creando insicurezza; sempre di più le persone vivono la paura di un futuro fallimento. Pertanto il divario, “la forbice”, tra le persone ricche e quelle povere in Germania potrebbe allargarsi, poiché i poveri saranno sempre più poveri e soffriranno pene sempre più grandi. Un’altra minaccia è la possibile divisione sociale. Alcune persone stanno vivendo un vero panico da virus accompagnato dalla paura di essere infettate e dunque non escono più di casa. Altri, invece, sono, chi più chi meno, negligenti e ignorano le misure preventive raccomandate. Le persone che appartengono a quest’ultimo gruppo credono di poter far fronte al Covid-19 da sole e che se anche risultassero positive non sarebbero disposte a subire restrizioni personali. Questi egoismi non aiutano, ma neanche le paure eccessive, ossessive. Dovremmo invece muoverci con misura e buon senso e imparare che potremo far fronte alla pandemia, solo se saremo in grado di essere solidali grazie al messaggio di San Paolo: “siamo un solo Corpo”. Ovviamente questa solidarietà dovrebbe andare oltre il confine tedesco, poiché questa pandemia potrebbe avere effetti ancor più drammatici nei paesi del Sud del mondo. Pertanto, saremo chiamati ad assisterli con competenza e dando il massimo supporto possibile».

Una saggezza emersa anche durante la Settimana Santa.

«Come credenti seguiamo Gesù nel cammino attraverso la sofferenza più profonda e sperimentiamo che la vita è più forte della morte. Pertanto c’è speranza, in ogni situazione. Spero - per tutti noi e per i nostri fratelli e sorelle che vivono nei paesi economicamente più svantaggiati - che sapremo trovare le strade comuni per condividere con serenità un futuro di costruzione insieme a Dio, che è dalla nostra parte. Dio conosce la sofferenza umana perché l’ha sperimentata».

 

Dr Beate Jakob. Photo:Yohan Cha/WCC, 2013

 

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