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Amare Dio

Un giorno una parola – commento a Romani 8, 28

Sia benedetto il Signore, che giorno per giorno porta per noi il nostro peso, egli è il Dio della nostra salvezza
Salmo 68, 19

Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno
Romani 8, 28

Chi sono quelli che amano Dio? Cosa significa amare Dio? Amare Dio significa forse riconoscersi sue creature, essergli devoti, mostrarsi pii, essere delle persone particolarmente religiose, dei militanti della fede, degli assidui frequentatori di tutte le attività della chiesa? L’amore con cui possiamo amare Dio è l’amore con cui Dio per primo ci ha amati dando al mondo suo figlio Gesù che per l’amore di Dio per l’umanità è morto ed è risorto, squarciando i limiti dell’umano. Così l’amore con cui potremmo amare Dio è frutto della scelta di Dio di essere dalla nostra parte, di essere il nostro Signore. Quanto siamo consapevoli di essere intessuti in una storia d’amore tra Dio e l’umanità in cui Dio per primo ci ha scelti e ha gridato il nostro nome affinché ci voltassimo verso di Lui e ci rivolgessimo a Lui. 

Il sapere che ogni cosa concorre al bene degli eletti del Signore significa ben altro dal nozionistico conoscere, a cui la scuola ci ha abituati. Il sapere di cui parla l’apostolo Paolo non è la possibilità di vantare qualche conoscenza su Dio, di dire quindi che Dio sia in un certo modo e agisca in un certo modo. Come ci ricorda Karl Barth nel suo commento alla lettera ai Romani, Dio in quanto totalmente Altro resta inafferrabile e invisibile all’umano. E perciò conoscere Dio, sapere che ogni cosa concorre al bene di coloro che amano Dio, significa essere disposti a lasciarsi sorprendere da Dio che non è come lo vorremmo e non agisce secondo i nostri criteri di giustizia, ma ci ha scelti come sue creature amate e stimate e ha un piano di salvezza per ciascuno e ciascuna di noi.

 

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