La Chiesa riformata ticinese chiede scusa per le pratiche coercitive del passato
19 novembre 2019
Una pagina nera della storia della Svizzera raccontata in un articolo dal giornalista e pastore Paolo Tognina
Il Sinodo della Chiesa evangelica riformata nel Ticino (Cert) ha chiesto scusa a Sergio Devecchi, vittima di internamenti amministrativi. I sinodali, riuniti ad Ascona, hanno ascoltato la sua testimonianza, hanno appreso che la pratica era stata avviata per iniziativa di un pastore della Chiesa riformata di Lugano, e sono stati informati sul percorso seguito da Devecchi nelle strutture della Fondazione evangelica a cui era stato affidato. Al termine del confronto, il Sinodo della Cert ha votato una dichiarazione nella quale, oltre a chiedere perdono alle vittime delle misure coercitive, si impegna "a riflettere affinché situazioni analoghe non si ripetano e a integrare questa tematica dolorosa all’interno del proprio insegnamento affinché resti come parte della nostra memoria".
«Sono molto soddisfatto perché ci hanno messo tanto a pronunciare queste parole. Adesso l’hanno fatto e per me è una grande soddisfazione», ha affermato alla emittente radio televisiva svizzera italiana RSI Sergio Devecchi, che subì violenze nell'istituto evangelico al quale era stato affidato da bambino.
A partire dal 1930, oltre 60mila persone che non avevano violato nessuna legge, sono state private della loro libertà, in Svizzera. Procedure amministrative formalmente corrette, ma profondamente ingiuste, dettate da giudizi morali e convenzioni sociali nelle quali oggi non possiamo più riconoscerci, hanno reso quelle persone vittime di un sistema punitivo. Le persone colpite dalle misure coercitive sono state vittime di sfruttamento economico, di violenze, di abusi perpetrati da chi avrebbe dovuto crescerli, accudirli ed educarli: personale laico e religioso degli istituti, maestri, preti, pastori. Una storia durata fino al 1981. Una pagina buia della storia elvetica.
Indigenti, disabili, malati psichici, alcolizzati, figli e figlie illegittimi e le loro madri, nomadi sono stati oggetto di internamenti amministrativi, affidi coatti, adozioni forzate. Dopo un lungo periodo di silenzio, il Consiglio federale ha deciso, nel 2013, di chiedere scusa alle vittime delle misure coercitive. Successivamente ha provveduto a intraprendere un percorso di risarcimento delle vittime e ha deciso di far luce su questo triste periodo iniziato nel 1930.
Nel corso di un processo di presa di coscienza, non ancora terminato, nel 2014 e nel 2017 l’Autorità federale ha approvato due leggi per la riabilitazione delle vittime e per un loro risarcimento.
Tratto da Voceevangelica.ch