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Cile. «Non c’è pace senza giustizia»

La giornalista cilena Cristina Añasco, membro della Chiesa luterana del Cile, racconta cosa sta accadendo nel paese latinoamericano

Martedì 12 novembre si è svolta in Cile una giornata di sciopero nazionale, dopo quasi un mese di mobilitazioni in tutto il paese.

L’Agenzia Nev ha chiesto alla giornalista cilena Cristina Añasco, membro della Chiesa luterana del Cile di raccontarci cosa sta accadendo nel paese latinoamericano e le ragioni di questa profonda crisi.

«Il Cile è un paese è stato sempre indicato come una delle economie più stabili dell’America Latina. Ma attraverso le forti proteste di queste settimane mostra il suo volto più complesso: le basse pensioni, la scarsa qualità della salute pubblica, la marcata differenza di educazione tra i ricchi e i poveri. Oggi è uno dei paesi più disuguali in tutto il mondo. Dove sono tutti i profitti della produzione di questo paese?

I cittadini si sono stancati di ricevere bassi salari, dell’instabilità lavorativa, di sapere che avranno pensioni miserabili e di ricevere briciole dallo stato. Si è stancato delle lunghe liste di attesa negli ospedali e di quelle per ottenere un alloggio decente.

Di fronte a questo scenario, dal momento che il grande movimento sociale è riemerso, la richiesta di cambiamento della Costituzione politica che risale alla dittatura di Augusto Pinochet è centrale; una prospettiva che invece non è mai stata presa in considerazione da nessun governo.

L’attuale Costituzione ha favorito gli uomini d’affari. Ciò che in altre costituzioni è considerato diritto in questa Costituzione è trattato come una “libertà”. Ad esempio si parla di libertà di istruzione, e non di diritto all’istruzione”.

Attualmente, il Cile funziona sulla base di una oligarchia e non di una democrazia.  Le classi dominanti governano e le leggi ricadono sui più poveri. E questo delegittima il sistema. Nessuno dei signori che sta legiferando sulle pensioni riceve i circa 190 dollari al mese di pensione che molti cileni hanno. E non solo non vivono con quell’importo: non conoscono la realtà di quell’immensa maggioranza di persone che riceve quella pensione.

È a causa di questo e di molti altri abusi che i cileni sono scesi in strada; non si sono sentiti ascoltati dal governo di Sebastián Piñera, che ha represso le grandi manifestazioni con armi con proiettili di gomma che ad oggi hanno causato perdite oculari parziali o totali a più di 200 persone. Ci sono state enormi manifestazioni pacifiche che si sono concluse con ondate di violenza in tutto il Cile e il governo non ha ascoltato le richieste della gente. Si sono usati gas lacrimogeni molti forti, abusi, molestie e violenze sessuali. La settimana scorsa il presidente ha fatto un decreto in cui amplia i poteri delle forze dell’ordine.

La Chiesa evangelica luterana in Cile, sin dal primo giorno ha chiesto che siano soddisfatte le richieste sociali e ha condannato la violenza che proviene da uomini in uniforme e incappucciati.

Il nostro sostegno è per le persone oppresse che da più di 30 anni sono il capro espiatorio del capitalismo più brutale e selvaggio di tutto il mondo; il Cile è la culla del neoliberismo e gli enormi debiti con cui il paese ora vive sono spaventosi. Vivere per pagare la bolletta dell’acqua, dell’elettricità, della scuola, dell’università, delle cure mediche, delle case popolari, tutto questo con salari molto bassi, perché circa il 55% della popolazione guadagna circa 550 dollari.

La Chiesa evangelica luterana in Cile, in giorni complessi come questo, sottolinea che non è possibile chiedere la pace senza giustizia e la giustizia sociale in Cile è ancora molto lontana. Viviamo in una società ingiusta che ha bisogno di amore, rispetto, empatia e solidarietà per costruire un nuovo Cile».

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