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La banalità del male

Il 14 ottobre del 1906 nasceva in Germania Hannah Arendt. La sua attualità nel male di oggi e due libri per restare svegli e ricordare.

Più di cinquant’anni fa Hannah Arendt pubblicava il suo testo più famoso: «La banalità del male» in cui l’autrice con fine intuito filosofico e rara capacità di sintesi giornalistica metteva in luce i modi in cui la mostruosità del male può radicarsi nella normalità. 

Ricordiamo Hanna Harendt e la sua opera nella data della sua nascita, perché più che mai è urgente riflettere sulla definizione dell’autrice, a oltre sessant’anni dalla Shoah e in un tempo in cui il male continua a scatenarsi sul piano globale. 

Una riflessione e un monito per tutti noi.

Hannah Arendt, nata a Hannover il 14 ottobre del 1906, politologa, filosofa e storica tedesca, divenne statunitense in seguito al ritiro della cittadinanza tedesca nel 1937. Dopo aver lasciato la Germania nazista nel 1933 a causa delle persecuzioni dovute alle sue origini ebraiche; rimase apolide dal 1937 al 1951, anno in cui ottenne la cittadinanza statunitense.

Lavorò come giornalista e docente universitaria e pubblicò opere importanti di filosofia politica che definiva «teoria politica».

Come giovane studentessa di filosofia all’Università di Marburg segue le lezioni di Martin Heidegger con cui intreccia una relazione, ma quando più tardi scopre le simpatie naziste del filosofo, se ne allontana. 

Arendt si laurea con una tesi sul concetto di amore in Sant’Agostino, pubblicata nel 1929. Poiché l’avvento del nazismo le preclude (viste le sue origini) la possibilità di una carriera accademica, lascia la Germania e si trasferisce prima in Francia, poi negli Stati Uniti dove risiederà sino alla sua morte. 

Fra le sue opere più importanti, Le origini del totalitarismo,Ebraismo e modernitàLa banalità del male

Muore a New York nel 1975.

Segnaliamo due libri, uno non recente, ma ancora disponibile: Politica ed estetica. Saggio su Hannah Arendt (Zamorani, 1997) di Luca Savarino ricercatore in filosofia morale e professore di bioetica presso l’Università del Piemonte Orientale e autore di saggi su Hannah Arendt e coordinatore della Commissione bioetica delle Chiese battista, metodista e valdese. 

L’autore propone un’interpretazione del pensiero politico della Arendt che ricostruisce la continuità dei motivi di un’opera che, benché non sistematica, possiede un’unità che permane attraverso le svolte e gli approfondimenti. 

La ricerca mostra così come la rivalutazione arendtiana della dimensione fenomenica conduca a un duplice esito: da un lato una decostruzione della metafisica tradizionale, dall’altro l’esplicita elaborazione di una prospettiva fondata sull’idea della relazionalità tra uomo e mondo. Se riletto a partire dalla sua ultima opera, il pensiero di Hannah Arendt non termina con la riproposizione di modelli per l’azione, né si riduce a critica radicale della metafisica, ma appare rivolto, in un’epoca di crisi dell’agire collettivo, alla cura e alla conservazione del significato di un mondo comune.

L’altro libro (che riprende il titolo del libro di Hannah Harendt) e richiama all’attualità del male è  La banalità del ma deall’autore e vignettista Mauro Biani

«Hitler, Hannah Arendt, i migranti, ma soprattutto noi tutti, che sprofondiamo nell’indifferenza». Un libro scritto per capire come siamo caduti così in bassoe che si chiede il perché «Siamo diventati così miserabili?». Tra le domande dell’autore una su tutte: «Come ha fatto un popolo di migranti, di persone costrette a fuggire a milioni dalla fame, dalla povertà, dalla guerra, o semplicemente di persone alla ricerca di migliori opportunità, a diventare così cinicamente insensibile, quando non apertamente ostile e rancoroso, nei confronti di chi sta subendo oggi un destino persino peggiore di quello dei nostri antenati?» 

Le migrazioni, il razzismo, la paura, la violenza. Questi anni di grande transizione sembrano aver trasformato in normale, persino banale «ciò che, solo pochi anni fa, avremmo trovato folle, orrendo». 

La matita di Mauro Biani, affilata e poetica, amara e ironica, si legge in quarta di copertina «racconta questo mutamento con la sua satira che, senza mai ergersi a giudice, non fa sconti a nessuno. Scorrendo la raccolta delle migliori vignette di Mauro Biani degli ultimi tre anni, accompagnata da inediti di grande impatto, si nota come non sia stato un cambiamento repentino, ma un lento e progressivo scivolamento verso la parte peggiore di noi».

 

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