
«Se la chiesa tace, è complice della violenza»
11 settembre 2019
Anche il Consiglio nazionale delle Chiese degli Usa aderisce ai giovedì in nero per voce del suo presidente, Jim Winkler
Nei giorni scorsi il metodista Jim Winkler, presidente e segretario generale del Consiglio nazionale delle Chiese negli Usa (NccUsa), che riunisce dal 1950 trentotto denominazioni e più di 40 milioni di fedeli, ha scritto una lettera aperta in cui ha esortato le varie chiese membro a unirsi alla campagna mondiale dei Giovedì in nero, Thursdays in black. Ricordiamo che un invito ufficiale ad aderire a questo movimento è stato pronunciato anche dall’ultimo Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, con l’adozione della Dichiarazione sulla violenza sessuale e di genere e sul Premio Nobel per la Pace del novembre 2018 del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), a sua volta promotore anche di un ciclo di interviste sul tema della prevenzione della violenza di genere inaugurato dalla moderatrice del Cec, dottoressa Agnes Abuom (leggi qui l’approfondimento su questo e sulla decisione del Sinodo).
Ed è proprio a un discorso di Abuom, intervenuta di fronte all’assemblea generale della Chiesa evangelica luterana in America (Elca, tenutasi ai primi di agosto a Milwaukee: qui le principali decisioni, tra cui l’approvazione purtroppo non unanime della dichiarazione “Fede, sessismo e giustizia: un invito all’azione”), che Jim Winkler dichiara di essersi ispirato per il proprio messaggio. Nel testo Winkler sottolinea l’importanza di parlare e agire contro la violenza, in modo da rendere sicuri da soprusi e abusi di vario genere (come sarebbe normale che fossero, aggiungerei) i luoghi della vita quotidiana: case, posti di lavoro, scuole e ovviamente chiese.
«Uno dei modi di partecipare alla campagna», spiega Winkler, «è di vestirsi di nero al giovedì: così facendo, prendiamo una posizione pubblica e abbiamo l’opportunità di spiegare perché siamo coinvolti».
Ammettendo di essere stato ingenuo, in gioventù, e quasi incredulo di fronte ai numeri delle violenze sessuali anche nel suo Paese, con il passare degli anni, di fronte alle testimonianze dirette di amiche e persone amate, è diventato «consapevole di questo problema dilagante».
Citando i rapporti del Centro nazionale risorse sulla violenza sessuale (Nsvrc) secondo cui negli Usa una donna su 5 (e un uomo su 71) ha subito una violenza sessuale nella propria vita (rapporto che sale a 1/3 se parliamo di un abuso sessuale più generico), Winkler ricorda la definizione data dallo psichiatra Terry Kupers di «mascolinità tossica», ossia «la costellazione di tratti maschili socialmente regressivi che servono a favorire il dominio, la svalutazione delle donne, l'omofobia e la violenza sfrenata».
Considerando che la maggior parte delle violenze viene perpetrata da giovani uomini, sottolinea il presidente NccUsa, c’è molto da lavorare su di loro, e richiama quanto scritto da Richard Mollica, direttore del programma sui traumi dei rifugiati dell’Università di Harvard, «i giovani uomini sono le persone più pericolose del pianeta, perché rispondono facilmente all’autorità e vogliono l’approvazione». Questo diventa ancora più tragico in contesti di guerra, dittatura o terrorismo: come spiega Mollica, «vengono ricompensati quando entrano nel sistema gerarchico, e sono condotti a credere che stanno costruendo il paradiso in terra. Nella maggior parte delle atrocità, c’è il sogno utopico di una società più pura, più pulita. I giovani sono molto idealisti e diventano preda di varie forme di potere che fanno appello proprio a questa loro natura idealista. Le persone che commettono un omicidio trovano molto facile razionalizzarlo e venire a patti con esso, quando questo viene condonato».
Questo è peraltro, anche se Winkler non lo esplicita, proprio il genere di violenza da cui sono nati i giovedì in nero, nel Decennio di solidarietà con le donne promosso dal Cec (1988-1998) e ispirati alle manifestazioni delle madri di Plaza de Majo per i loro cari scomparsi, delle “donne in nero” israeliane e palestinesi, delle donne in Ruanda e Bosnia che denunciavano l’uso dello stupri come arma di guerra, del movimento Black Sashin Sudafrica contro l’apartheid e le violenze sulla popolazione nera.
Per questo Jim Winkler ribadisce, unendo la propria voce a un coro ogni giorno più forte, che «la chiesa ha un ruolo importante nell’indirizzare questa crisi spirituale e nello sviluppare una visione più positiva della mascolinità. Se la chiesa tace, siamo complici e contribuiamo alla violenza che ci circonda». E conclude: «I demoni della xenofobia, dell’odio, del sessismo, della violenza e della guerra devono essere affrontati. Dobbiamo proclamare la libertà per i prigionieri e la liberazione per gli oppressi. Non possiamo più perpetuare il mito secondo cui va bene mettere a tacere e sminuire le donne e commettere violenza contro di loro. Thursdays in Black è un movimento per ricostruire le vite e le relazioni». E Winkler chiude con l’esortazione finale a «farne tutti parte».
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