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Dirsi la verità con amore

E' ampio il dibattito in seno alle chiese metodiste nel mondo sull'accoglienza e sui matrimoni delle persone Lgbtq

«La Chiesa metodista ritiene che il matrimonio sia una relazione di alleanza tra due persone, all'interno dell’alleanza d'amore di Dio con loro. Attraverso di esso, loro possono sperimentare, esplorare ed esprimere l’amore divino colmo di grazia». Così recita un passo dell’ampio documento “Dio nell’amore ci unisce” che la chiesa metodista britannica ha accolto alla sua ultima Conferenza e in cui, tra l’altro, è contemplata la possibilità di sposarsi per le coppie dello sesso. 

Questo documento sembrerebbe porre la chiesa britannica ad anni luce di distanza dalla sua chiesa sorella, la Chiesa Metodista Unita. Infatti, lo scorso febbraio nella sessione speciale della Conferenza Generale, questa chiesa ha approvato un testo che la pone in posizione ultraconservatrice in relazione alla questione dell’accoglienza e dei matrimoni delle persone LGBTQ.  

Ma chi sono coloro che hanno partecipato alla Conferenza Generale? Delegati provenienti dai quattro continenti ed eletti dalle loro conferenze annuali, per metà ministri di culto e per metà laici. A conclusione dei lavori e della presentazione dei tre documenti alternativi (The Traditional Plan, The One Church Plan and the Connectional Conference Plan), il piano tradizionale ha ricevuto 438 voti favorevoli (53%) e 384 voti contrari (47%). Questo risultato indica che la parte conservatrice non ha ottenuto una maggioranza schiacciante e indica la diversità di pensiero che i metodisti uniti esprimono in relazione a questa tematica. Differenze di pensiero che si sono palesate quasi subito dopo che sono stati resi noti i risultati delle votazioni: ampie proteste hanno attraversato le chiese metodiste sparse negli Stati Uniti, particolarmente negli stati del Nord. Ma forse è in Europa che la protesta ha assunto toni più duri. Le chiese metodiste danese e norvegese, nelle loro conferenze annuali, hanno espresso forte preoccupazione e insoddisfazione per le decisioni prese durante la Conferenza Generale e hanno deciso di formare delle commissioni per vedere come le chiese metodiste unite possano «diventare pienamente inclusive nei confronti delle persone LGBTQI+, ordinare ministri di culto che si dichiarino omosessuali praticanti e offrire matrimoni per coppie dello stesso sesso».

Stesse preoccupazioni e posizioni si sono riscontrate in Germania, Francia e Svizzera dove «persino coloro che si dichiarano teologicamente conservatori – mi spiega il vescovo Patrick Streiff in una conversazione avuta durante la Conferenza Metodista Britannica – si sono trovati in disaccordo con il Traditional Plan e ora vi è il rischio di creare una spaccatura in seno alle chiese statunitensi come pure tra quelle europee del centro-ovest rispetto quelle dell’est».    

«Siamo divisi e abbiamo posizioni diverse che saranno difficili da conciliare.Tuttavia, - ha dichiarato pochi giorni fa il vescovo dell’area nordica e baltica, Christian Alsted - è anche vero che questa è la chiesa di Dio, e quando preghiamo, e quando i buoni cristiani si uniscono, è noto che cose incredibili accadono. Non sappiamo che cosa implicherà il futuro e non sappiamo se saremo in grado di rimanere una sola chiesa. Ma le conferenze di quest'anno mi hanno mostrato che dobbiamo dirci la verità con amore l'uno per l'altro, che noi metodisti uniti del Nord e del Baltico siamo in grado di non essere d'accordo senza compromettere la nostra fede e la nostra chiamata, e che siamo in grado di cercare insieme il futuro di Dio».

Una chiesa, quindi, che pur nella diversità di opinioni su un tema specifico desidera continuare a portare una testimonianza di fede comune nel mondo, una chiesa che non vuole nascondersi problematiche e difficoltà affermando che occorre concentrarsi maggiormente sulla missione annunciando la buona notizia - come qualcuno ha tentato di fare – perché includere e sostenere chi è stato per secoli marginalizzato e discriminato è proprio parte della testimonianza evangelica. 

In realtà, ancora nulla è stato deciso in modo definitivo perché, dopo la votazione, è stato richiesto l’intervento del Judicial Council per verificare se le restrizioni alle discipline ecclesiastiche apportate dal Traditional Plan sono tutte accoglibili. Ne sapremo di più nei prossimi mesi e in modo chiaro alla prossima Conferenza Generale di maggio 2020. Nel frattempo, non possiamo che essere vicini alle nostre sorelle e fratelli pregando perché tutti possano essere accolti pienamente, anche nei propri affetti, e perché nessuno si senta escluso.

 

 

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