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Una piccola storia nella grande storia

Inaugurato a Bobbio Pellice il museo del Podio, luogo simbolo di solidarietà e cultura

La strada stretta e piena di curve non li ha scoraggiati, qualcuno è giunto persino da Torino, nel pomeriggio di domenica 14 luglio, incuriosito dall’insolito “evento”. Sono una novantina di persone, molte originarie del posto e quindi affettivamente legate al Podio, questa bella borgata di Bobbio Pellice, nel cuore delle valli valdesi, oltre ovviamente alle autorità: il sindaco, il pastore della chiesa valdese locale, e i rappresentanti degli enti che, insieme al consiglio di chiesa di Bobbio, hanno curato e sostenuto il progetto di recupero della piccola scuola della borgata (ne avevamo parlato qui). Questi sono la Tavola valdese (che ha sostenuto la ristrutturazione con fondi otto per mille), il Comitato luoghi storici valdesi, la Fondazione Centro culturale valdese, rappresentati rispettivamente dal moderatore, pastore Eugenio Bernardini, dal pastore Vito Gardiol e dal direttore Davide Rosso.

L’edificio è gremito e molti seguono dall’esterno i loro discorsi e l’excursus storico del pastore Claudio Pasquet, curatore dei pannelli esplicativi posti all’esterno e all’interno dell’edificio.

Dalle loro parole emerge più volte il concetto che questo piccolo luogo, e la storia valdese qui condensata, s’inserisce nel discorso più ampio della storia europea. Per quanto isolato e poco conosciuto, è simbolo di un intreccio di relazioni che non riguarda solo una storia di secoli fa, ma si riflette sull’oggi. 

Qui si ricorda il momento storico in cui i valdesi di tre Stati (come ha ricordato il pastore Pasquet, in quanto nel 1561 il territorio in cui si trovavano i valdesi, che allora comprendeva anche tutta la val Chisone-Pragelato e la val Po, oltre alle valli Pellice e Germanasca-San Martino era diviso tra Marchesato di Saluzzo, Ducato di Savoia e Regno di Francia), stringono un patto di mutuo aiuto (il Patto del Podio, appunto) e per la prima volta si riconoscono come chiesa, come soggetto unico e unito di fronte alle persecuzioni che si stanno facendo sempre più violente. 

Ma questo è anche un luogo di passaggio, ha spiegato Davide Rosso, che potrebbe diventare l’anello finora mancante dell’itinerario europeo, certificato e promosso dal Consiglio d’Europa, delle Strade degli ugonotti e dei valdesi, che collega Francia, Italia, Svizzera e Germania. 

Per non dimenticare, infine, il ruolo che questa piccola scuola ebbe nella lotta all’analfabetismo nell’Ottocento, e poco importa se fa parte o meno della rete delle scuole, affettuosamente chiamate “università delle capre”, realizzata da Charles Beckwith in moltissime borgate delle valli valdesi. Èstata in ogni caso un luogo di cultura, di coscienza e di solidarietà, e il sogno ambizioso è che continui a esserlo, per chiunque passerà (e speriamo siano in tanti) da qui. 

 

 

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