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La famiglia armena protagonista del culto no stop in Olanda non sarà espulsa

Si conclude nel migliore dei modi la vicenda che partita dalla cittadina de L'Aja aveva fatto il giro del mondo: un culto mai interrotto per impedire alle forze dell'ordine di entrare in chiesa e deportare i cinque armeni

E’ ancora tempo di festeggiare per la comunità protestante, ma non solo, de L’Aja, nei Paesi Bassi, protagonista nei mesi scorsi del culto no stop durato tre mesi per salvare dall’arresto e dalla deportazione una famiglia armena. La situazione della famiglia Tamrayzan è stata infatti esaminata dalle autorità statali, e la conclusione è stata che tutti e cinque i componenti, padre, madre e tre figli, potranno rimanere nel Paese.

La vicenda è questa: secondo una legge statale olandese le forze dell’ordine non possono interrompere una funzione religiosa in corsoCentinaia di pastori si sono dunque alternati per non far cessare mai il culto cui partecipava la famiglia in questione. L’idea è venuta al presidente del consiglio generale della Chiesa protestante olandese, il pastore Theo Hettema, una volta saputo che la famiglia, da ben 8 anni nei Paesi Bassi,  con un figlio iscritto all’università e gli altri alle scuole dell’obbligo, rischiava il rimpatrio perché non poteva più  godere delle tutele internazionali in quanto l’Armenia, terra d’origine dei cinque, non è considerata nazione a rischio. In realtà il padre, dissidente politico, aveva ricevuto più volte minacce di morte, prima di decidere di fuggire per non vedere coinvolto anche qualche familiare. 

La storia aveva fatto il giro del mondo. Dal 25 ottobre 2018 per tre mesi, 95 giorni per la precisione, oltre 650 pastori e predicatori provenienti da ogni dove si sono alternati per non concludere mai il servizio. 720 ore consecutive di culto, in una grande impresa collettiva che ha coinvolto fedeli e sostenitori, persone che non avevano mai messo piedi in chiesa e fedeli impegnati. Tutti insieme per garantire la tutela ai cinque, oramai inseriti a pieno nella vita della comunità.

Il braccio di ferro fra l’esecutivo olandese e la chiesa riformata locale si è giocato non solo sul culto non stop, ma anche sulla legge nota come “children’s pardon”, sorta di amnistia concessa ai minori presenti in Olanda da più di 5 anni, applicata con estrema ritrosia dal governo in questi anni. Il culto si è interrotto a inizio gennaio 2019 solo quando, dopo settimane di slogan e di dichiarazioni contrarie, in realtà è stato trovato un accordo fra le varie forze politiche che ha portato ad una revisione della norma, le cui maglie ora si allargheranno. Un cambio di politica che potrebbe riguardare altri 700 bambini circa con le relative famiglie. I casi verranno tutti riesaminati con un’elevatissima probabilità di venire accolti. Grande soddisfazione è stata espressa dalla Chiesa riformata nei Paesi Bassi che è stata capace di mobilitare i cuori di migliaia di persone e ora raccoglie i frutti di questo sforzo collettivo.

«Siamo grati a Dio per questo esito e ci felicitiamo ancora una volta per la grande partecipazione collettiva della popolazione: sono stati tutti fondamentali per raggiungere questo risultato, ha scritto sul sito della chiesa Bethel il pastore Theo Hettema.

Il compromesso fra le varie forze politiche include in realtà anche nuove linee guida in materia di ingresso nel Pase, che sarà più complicato di quanto avvenuto fino ad ora. Come dire, il governo ha incassato la sconfitta, ha fatto buon viso a cattivo gioco e sta già correndo ai ripari, ma per Hettema «questo rimane al momento il miglior risultato che potessimo aspettarci. Continuiamo a pregare perché la saggezza illumini i nostri governanti a fare il meglio per tutte le persone di questa nazione».

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