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La politica e le chiese di fronte alle elezioni europee

Il pastore Peter Ciaccio spiega come, in vista delle consultazioni di maggio, la Conferenza delle chiese europee inviti i cristiani a onorare i valori fondativi della UE

La Conferenza delle Chiese europee (KEK) ha lanciato una campagna di sensibilizzazione in vista delle prossime elezioni per il Parlamento europeo dal titolo: “L’Europa è il nostro futuro”. La campagna afferma come pace, giustizia, libertà, riconciliazione, solidarietà, tolleranza e dignità umana siano non solo i valori su cui si fonda l’Unione europea (UE) ma anche quelli delle chiese cristiane. Indirizzata alle chiese membro, tra cui quella valdese e metodista, la campagna, promossa insieme alla Commissione delle chiese per i migranti in Europa, invita a partecipare al processo democratico attraverso il voto in agenda nei ventotto paesi membro della UE dal 23 al 26 maggio.

Come introduzione al tema e strumento di discussione con i candidati è stata prodotta anche un’utile brochure. Di questa campagna abbiamo parlato con il pastore Peter Ciaccio, membro del comitato direttivo della KEK.

Perché le elezioni europee sono importanti per i cristiani d’Europa?

Perché l'Unione europea ha modificato profondamente il luogo del conflitto delle idee, spostandolo dai campi di battaglia alle aule del confronto democratico. La pace è il presupposto per un dibattito civile su idee e valori. L'articolo 17 del Trattato di Lisbona include le comunità di fede nel dibattito europeo. A partire dalla fede cristiana, le chiese europee sono impegnate per la dignità umana, per una vita all'insegna della libertà e della giustizia, e promuovono rispetto, pace, condivisione e cooperazione. Casualmente (o forse no) questi sono anche obiettivi dichiarati dai Trattati che hanno portato all'integrazione europea. 

Le giurisdizioni della KEK e della UE però non coincidono…

No, non coincidono per almeno due motivi. In primo luogo perché l’Europa delle chiese è più grande dell’Unione europea e comprende anche cittadini europei di paesi non UE. In secondo luogo perché la comprensione della cittadinanza e dei diritti che ne conseguono è più ampia per un cristiano e per una cristiana, la cui cittadinanza è “nei cieli” (Filippesi 3, 20).

La Conferenza delle chiese europee, per queste elezioni, ha scelto di schierarsi, in maniera simile a quanto la Chiesa protestante unita di Francia ha fatto nelle scorse presidenziali. Quali sono i temi sul tappeto?

In primo luogo la KEK chiede all’Unione europea di rispondere alle sfide poste dal crescente populismo ed estremismo politico. Questo significa prendere sul serio il malcontento che alimenta soluzioni politiche non ritenute adeguate.

Tra i temi cruciali nel dibattito interno alle chiese ci sono l'accoglienza dei migranti e la protezione dei rifugiati, il contrasto al cambiamento climatico, le opportunità e condizioni di lavoro in Europa. Questi temi vengono spesso scorporati e messi uno contro l'altro da certa demagogia. La Conferenza delle chiese europee (e non solo) ritiene, invece, che essi siano talmente interconnessi da non poter fare a meno l’uno dell'altro. Infine, proprio in virtù di quella cittadinanza che è "nei cieli", le chiese chiedono all'Unione europea di alzare lo sguardo e osservare ciò che avviene intorno. Si tratta di non percepire il mondo come una via di mezzo tra opportunità e fastidio, ma di dare una dimensione globale ai dibattiti interni integrando, ad esempio, il rispetto dei diritti umani negli accordi economici e commerciali internazionali. 

Tratto da www.chiesavaldese.org

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