Messico-Usa. Notizie dal confine
26 febbraio 2019
Intervista al pastore Randy J. Mayer, della United Church of Christ di Sahuarita, che lavora nelle aree di confine dell'Arizona-Sonora
Negli ultimi mesi si è parlato molto delle carovane di migranti partite dall’America centrale e dirette verso gli Stati Uniti. Un fenomeno, quello della migrazione, già molto conosciuto a quelle latitudini ma che ha catturato l’attenzione dei media per il gran numero di persone che hanno partecipato alle ultime carovane, e per la risposta che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Partito Repubblicano hanno cercato di dare sostenendo che queste colonne di persone rappresentassero una minaccia per la sicurezza nazionale.
Nelle ultime settimane alcune di queste carovane sono arrivate o si stanno avvicinando al confine. Ne abbiamo parlato con il pastore Randy J. Mayer, della United Church of Christ di Sahuarita, Arizona, Stati Uniti d’America, uno dei fondatori della Green Valley – Sahuarita Samaritans, un’organizzazione che offre aiuti umanitari ai migranti nelle aree di confine dell’Arizona-Sonora.
Può raccontarci quali sono le attività di Green Valley – Sahuarita Samaritans ?
Il nostro obiettivo è eliminare la morte dei migranti nel deserto e abbiamo una vasta gamma di programmi. Conduciamo ricerche quotidiane che includono il pattugliamento del deserto lungo il confine alla ricerca di migranti in pericolo e forniamo loro cibo, acqua e cure mediche; durante le nostre ricerche entriamo in contatto con le pattuglie di frontiera e ciò è molto importante perché la nostra presenza umanitaria fa sì che le ronde siano consapevoli che c’è qualcuno che osserva e può riferire sul loro operato. Ci rechiamo a Nogales, in Messico, almeno una volta alla settimana, in un posto chiamato Comedor, dove lavoriamo con i migranti che sono stati deportati e offriamo cibo, cure mediche, abbigliamento, assistenza legale, ecc. Mettiamo acqua, cibo e coperte in aree remote del deserto in modo che i migranti le trovino e possano rifocillarsi e ripararsi nelle zone più pericolose del deserto. Assistiamo presso il Tribunale federale di Tucson all’operazione Streamline, un processo avviato dal Dipartimento per la Sicurezza e il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per perseguire in massa migranti irregolari in un’udienza pubblica e che si svolge con una corsia preferenziale, al fine di scoraggiare le persone dal tornare negli Stati Uniti. Nel giro di due ore e mezza vengono processati fino a 75 immigrati. Lavoriamo con i rifugi per migranti a Nogales, in Messico e a Tucson, in Arizona.
Qual è la situazione della frontiera in questo momento? Le carovane di migranti partite nello scorso autunno sono arrivate?
Nel corso degli anni ci sono state molte carovane, dall’America centrale e dal Messico, che hanno raggiunto il confine con gli Stati Uniti. La grande attenzione che hanno ricevuto negli ultimi mesi è dovuta alla volontà dell’attuale amministrazione che vuole demonizzare e criminalizzare i migranti che, ricordiamolo, sfuggono alla violenza e alla povertà. Le persone decidono di viaggiare in grandi gruppi, tra le 2000 e le 6000 persone per potersi occupare l’un l’altro, ed essere al sicuro dalle bande, dai cartelli, dalla polizia e dall’esercito. Le carovane più recenti risalgono al maggio 2018, un’altra nel dicembre del 2018, e in questo momento ci stiamo preparando a riceverne un’altra. Di solitole persone si disperdono non appena si avvicinano al confine e si dirigono verso l’area più vicina a dove vogliono arrivare. Tuttavia, la carovana in dicembre è arrivata principalmente a Tijuana. Si trattava di circa 6.000 persone, cosa che ha causato problemi nella città perché la comunità non era pronta a ricevere un gruppo così grande e che aveva così tante necessità. Il governo messicano ha detto più volte affermato che avrebbe diviso l’attuale carovana prima che giungesse al confine in modo che la città non venisse colpita da migliaia di migranti ei quali non avrebbe potuto farsi carico. È possibile che l’inizio della carovana abbia raggiunto Nogales. Ieri, nella sala da pranzo di Nogales, in Messico, la nostra gente ha riferito che c’erano più di 200 migranti e circa 50 o più erano bambini, 125 in più rispetto a martedì scorso.
Quale è stata la risposta del governo messicano a questo grande numero di arrivi?
Il governo messicano ha cercato di dividere le carovane, e alla fine ha offerto ai migranti un anno di visti e permessi di lavoro per cercare di ridurre il numero di persone che finiscono al confine. L’amministrazione americana di Trump ha fatto tutto il possibile per fermare le carovane: hanno cercato di respingere i richiedenti asilo alla frontiera, hanno messo cavi elettrici sul muro di confine e hanno schierato la polizia antisommossa. Anche se tutto questo ha una grande risonanza mediatica, non sono stati in grado di fermare il flusso di persone.
Può raccontarci le condizioni dei migranti che incontri, sia quelli che aspettano di attraversare il confine che quelli che sono stati deportati.
Sono persone che arrivano dopo aver affrontato viaggi lunghissimi, che durano anche sei mesi. Per questo motivo al loro arrivo qui sono molto stanchi, spesso in condizioni di salute precarie e esauriti dal punto di vista nervoso. Molti i coloro che hanno provato a ad attraversare la frontiera hanno dovuto affrontare da due a sei mesi di carcere e sono quindi distrutti dal punto di vista psicologico e malgrado questo vogliono provarci di nuovo. Lungo tutta la linea di confine la presenza delle bande di trafficanti è molto forte e approfittano della vulnerabilità dei migranti.