Dare «forma» al futuro del lavoro
29 novembre 2018
Christian Krieger: «Non possiamo permettere che il lavoro diventi una vittima di dinamiche automatiche e incontrollabili»
Martedì 27 novembre erano 200 le persone nella sede del Comitato economico e sociale europeo di Bruxelles per «modellare il futuro del lavoro» in vista delle celebrazioni (l’anno prossimo) del Centenario dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo).
La Conferenza interconfessionale, grazie alla rappresentanza delle comunità ebraiche e musulmane, aveva come filo conduttore: le comunità di fede e la tutela del diritto al lavoro, ed è stata promossa dalla Conferenza delle chiese europee (Kek) in collaborazione con la Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), dalla Chiesa evangelica in Germania (Ekd) e dall’Organizzazione internazionale del lavoro.
«Presentazioni, discussioni e dibattiti incentrati sui continui cambiamenti nel mondo del lavoro a seguito della digitalizzazione, dell’automazione, della robotizzazione e dei progressi nell’intelligenza artificiale – scrive sul sito dell’Organismo ecumenico la portavoce della comunicazione della Kek, Erin Green –. Cristiani e rappresentanti di altre fedi hanno sostenuto l’importanza di anteporre sempre le persone quando si parla di lavoro. Il lavoro, infatti, non permette solo il benessere materiale ma anche quello interiore. Il lavoro concede prosperità grazie all’offerta di un servizio dato alla società. I lavori retribuiti o domestici, spesso non retribuiti, le scelte fatte in materia di volontario – prosegue –, consentono alle persone di partecipare attivamente alla vita della società. In questa prospettiva le nuove tecnologie dovrebbero liberare gli essere umani dai lavori pericolosi, faticosi e alienanti. Dovrebbero garantire altre professionalità, dunque posti di lavoro, permettere più protezioni sociali e consentire sistemi fiscali adeguati con esistenze più dignitose».
Il presidente della Kek Christian Krieger, ha concluso «La conferenza ha dimostrato quanto il cristianesimo, così come tutte le tradizioni religiose, possa contribuire in modo sostanziale con concrete discussioni sul futuro del lavoro. Noi, persone, società, chiese, siamo chiamati a modellare il futuro del lavoro, insieme. Non possiamo permettere che il lavoro diventi una vittima di dinamiche automatiche e incontrollabili. Riteniamo urgente, considerata la nostra responsabilità, prenderci cura del Creato e delle persone che lo abitano, siamo chiamati a essere amministratori responsabili delle risorse limitate del nostro pianeta».