51 rifugiati dal Niger sono atterrati ieri a Pratica di Mare grazie al corridoio umanitario dell’Unhcr
15 novembre 2018
Per Carlotta Sami serve con urgenza un corridoio umanitario per almeno 4mila persone dalla Libia: «L’Europa si muova congiuntamente»
Sono 51 e 19 di loro hanno meno di 18 anni i primi rifugiati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) dell’era Salvini atterrati ieri all’aeroporto militare di Pratica di Mare e tutti provenienti dai campi rifugiati del Niger. Ne abbiamo parlato con la portavoce dell’Unhcr, Carlotta Sami.
«Quest’ultimo arrivo rientra in un progetto lanciato esattamente un anno fa e risponde a un’esigenza molto specifica - su questo punto siamo stati molto chiari con il ministro Matteo Salvini (presente all’arrivo delle 51 persone, ndr) dice Carlotta Sami, portavoce dell'Unhcr a Riforma.it –, ossia quella di salvare vite umane in primis e poi perché in Libia è in atto una situazione umanitaria terribile, gravissima che sta peggiorando giorno dopo giorno. L’Unhcr ha dunque deciso di far evacuare velocemente le persone che può per mandato, ossia i rifugiati. Perlomeno le lersone che le autorità libiche ci consentono “sommariamente” di definire rifugiati».
Di quante persone parliamo e come vi muovete?
«Duemila persone quest’anno hanno usufruito dei nostri corridoi umanitari. Ci appoggiamo a due paesi che ci consentono di poter lavorare in tutta sicurezza: Niger e Romania. La maggior parte delle persone le abbiamo evacuate dal Niger e sono ad oggi circa 1500; terra africana nella quale abbiamo predisposto delle piccole abitazioni che chiamiamo “case di passaggio” e nelle quali i rifugiati possono attendere in sicurezza la loro partenza per luoghi sicuri e ricevere la necessaria assistenza medica, legale e psicologica. Luoghi sicuri e facilmente raggiungibili da funzionari di paesi occidentali autorizzati e certificati quali la Francia, la Germania, il Canada, la Svizzera e la Svezia, preposti ad incontrare i residenti richiedenti asilo e predisporre le liste di partenza. Con questo meccanismo la Francia, per fare un esempio, ha recentemente accolto trecento persone, ed altre ne accoglierà in futuro».
E l’Italia?
«L’Italia utilizza il medesimo strumento operativo. Nella scorsa legislatura ha accolto trecento persone con tre voli: due prima del Natale 2017 e uno nel febbraio 2018. Con quello di ieri, giunto dal Niger, aggiungiamo altre 51 persone. Questo, di fatto, è il primo volo con il nuovo governo in carica. Si tratta di rifugiati considerati vulnerabili. Purtroppo, come per altri corridoi italiani parliamo di numeri limitati. Vorremmo fare molto di più, ma non riusciamo a far evacuare tutti quelli che vorremmo e direi per due motivi, il primo è relativo alla sicurezza in Libia estremamente fragile e pericolosa. L’atro è la lentezza "burocratica" riscontrabile nella volontà politica dei paesi occidentali ed europei. Proseguiamo il nostro impegno utilizzando “il conta gocce” e sperando di ottenere conferme alle promesse. Attualmente, seppur con tempi lunghi dal Niger siamo riusciti a far evacuare novecento persone, ma vorremmo fare molto di più».
Quanto di più?
«In realtà non stiamo parlando di milioni di persone; le persone particolarmente vulnerabili e arischio vita sono quattromila. Basterebbe realizzare un corridoio umanitario immediato dalla Libia, proprio come ha proposto recentemente la Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Il come e quando farlo dovrebbe deciderlo la politica».
A proposito di scelte politiche, ieri abbiamo assistito a un’immagine inedita: quella del ministro Salvini considerato il ministro per antonomasia «anti-migranti» stare accanto a lei ad accogliere bambini e rifugiati. Avete avuto modo di parlare in camera caritatis oltre l’ufficialità dell’evento?
«Certamente. Abbiamo avuto modo di parlare. Il ministro sembrava felice di essere presente e di poter accogliere le persone giunte in Italia. Ha espresso gratitudine per quest’operazione e si è impegnato con una promessa: quella di poter proseguire su questa strada. Ha riconosciuto i corridoi umanitari come una soluzione alternativa e intelligente, una via importante, sicura, legale e utile per contrastare i trafficanti di esseri umani».
Nessuna nota polemica, dunque?
«Abbiamo ricordato al ministro che i corridoi sono una via legale, certamente, ma che dovrebbero diventare anche un’alternativa concreta oltre che credibile. Chiaramente per far "decollare" i corridoi umanitari non può esserci solo la volotà dell'Italia, dev’esserci una volontà condivisa dai paesi europei che devono farsene carico, congiuntamente, muovendosi di concerto con tutte quelle le realtà che da tempo operano in questo senso: la Fcei, Sant’Egidio, la Tavola valdese, la Cei, la Caritas e altri. Vorrei altresì ribadire che siamo stati molto chiari con il ministro sulla reale situazione libica. Un luogo dove le condizioni umanitarie sono allarmanti e il rispetto dei diritti umani non esiste, dove rifugiati e migranti sono tenuti in ostaggio dai trafficanti; una situazione che è nota a tutti i governi ma che non viene efficacemente contrastata. Alcuni centri di detenzione, definiti ufficiali, sono nelle mani di milizie che di fatto hanno abbandonato le persone che vi sono “recluse” condannandole a non ricevere più cibo e cure. Luoghi in cui sono le violenze ad essere protagoniste. Dunque, abbiamo voluto ribadire al ministro Salvini il fatto che se i richiedenti asilo e i rifugiati fuggono da queste situazioni è perché sono costretti a farlo e il più delle volte in modo “irregolare” senza documenti. Infine, che la convenzione di Ginevra è molto chiara in merito: chi varca una frontiera per chiedere asilo non sta commettendo un crimine; è importante che lo spazio d’asilo in Italia rimanga aperto a tutte le persone vulnerabili che necessitano d’aiuto senza distinzioni di sorta».