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Dal dolore alla speranza

Una donna della Costa d’Avorio ha fondato un’associazione per aiutare le donne del suo paese, sostenuta da alcuni membri della chiesa valdese di Torino

Conosco Melanie Touly Aschieri da 20 anni. Ha bussato un giorno di novembre alla porta della chiesa valdese di Torino perché era in grande difficoltà. Sostenere donne maltrattate era sentito come un obbligo dalla comunità e diverse persone l’hanno circondata con premure e mi hanno aiutata a cercare le soluzioni che l’hanno portata ad avere i documenti, la casa e il lavoro. Appena Melanie ha potuto essere serena ha subito pensato a come aiutare altre donne. All’inizio ha cercato di costruire una rete con delle amiche per cui una donna, anche senza documenti, costretta ad andare via di casa potesse trovare un letto e un primo appoggio.

Dal 2002 al 2011 le donne della Costa d’Avorio vivono grandi difficoltà per via di una guerra civile che le vede spesso vittime di stupro e purtroppo molte bambine vengono coinvolte. Costrette a partorire ancora troppo piccole, molte di loro muoiono di parto o abbandonano i figli e le figlie perché non possono prendersene cura. Alcune di loro si suicidano perché non hanno nessuno che le aiuti a superare il trauma di prendersi cura di un bambino che in ogni momento ricorda loro la violenza subita.

Sostenuta da Miriam Neppi Modona in Baldi, amica spontanea e generosa, membro di chiesa di Torino, Melanie inizia a pensare in grande: perché non aiutare anche le donne del suo Paese, la Costa d’Avorio? Melanie condivide il suo pensiero con le amiche e i parenti, molti emigrati come lei e desiderosi di portare aiuto alle sorelle più sfortunate che tanto stanno soffrendo in patria. Gli aiuti possono arrivare solo tramite i parenti e gli amici presenti in Costa d’Avorio, che si trovano impotenti davanti a tanta distruzione e dolore. Melanie con la sua associazione cerca di raccontare che cosa succede attraverso un sito Internet e i social, con le immagini e report che le arrivano. Andare in Costa d’Avorio è rischioso, ma non abbandona la sua idea di portare appena possibile un segno tangibile di solidarietà. Fonda l’onlus Douleur de femme che ha scopi umanitari e culturali. Molto attiva e tenace nella sua lotta per la difesa delle donne riesce ad avere un terreno in regalo a Gonatè, presso la città di Daloa, in una zona molto segnata dalla guerra. 

Lo scorso 11 agosto Melanie ha potuto finalmente tornare nel suo Paese con un progetto ambizioso: un centro polivalente per orfani e per madri minori che possano anche essere seguite con una formazione professionale e cure adeguate. Alla posa della prima pietra del centro polivalente intitolato a Miriam Neppi Modona, mancata purtroppo due anni fa, Melanie ha voluto che ci fosse anche qualcuno della chiesa valdese, perché non ha mai dimenticato quella porta aperta nel momento del bisogno. Ho potuto così essere presente agli ultimi preparativi dell’evento, agli incontri con le autorità locali, con l’imam Chèrif Oumar Abdedaliz, visitare i villaggi vicini per far conoscere il progetto e invitare le persone, partecipare a momenti di festa e agli affanni organizzativi delle ultime ore, sentire la presenza confortante del reverendo Kanon Luc, che ci aiutava a risolvere piccole e grandi difficoltà e fare un breve discorso per ricordare Miriam e  far conoscere la realtà della chiesa valdese. Ho conosciuto i membri dell’associazione provenienti da diversi Paesi del mondo, ma con un forte legame con la propria terra. Ho visto bambini lavorare e tante persone con una gran voglia di ricominciare e di lasciarsi indietro la paura di una guerra finita da poco. Ho visto tanti poveri, pronti a condividere il poco che hanno. Ho ascoltato donne cantare canti tradizionali, aiutate dall’associazione a incidere dei cd perché i loro canti non vadano perduti. Ho provato forti emozioni perché non ero preparata ad un’accoglienza così calorosa, mentre dall’Italia mi giungevano notizie di atti gravi di stampo razzista contro stranieri e iniziava l’odissea della nave Diciotti ferma al porto di Catania con 177 migranti.  

Vi invito a seguire il sito di Douleur de femme (http://www.douleurdefemme-onlus.org) e la sua pagina Facebook per conoscere la storia dei soci fondatori, vedere le foto e i filmati della posa della prima pietra e seguire la realizzazione del progetto.

 

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