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Dreamers, un anno dopo

Lettera della Chiesa presbiteriana statunitense per tenere alta l'attenzione sulla situazione dei minori irregolari cresciuti negli Stati Uniti

Il pastore Herbert Nelson, segretario della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti (PcUsa), ha consegnato alla stampa una lettera in occasione del primo anniversario dallo smantellamento del programma Daca (Deferred Action for Childhood Arrivals) da parte della presidenza Trump. Si trattava della politica migratoria voluta nel 2012 da Barack Obama che si innestava in una tradizione di lunga data che ha permesso negli anni ai bambini figli di immigrati privi di documenti – più noti come Dreamers, sognatori, di rimanere negli Stati Uniti tramite un processo di rinnovi biennali dei permessi.

Riconoscendo la complessità della materia e gli sforzi messi in atto da molte amministrazioni nel «cercare una politica migratoria capace di riflettere i valori di questo Paese e le esigenze di chi in questo Paese desidera venire» Nelson ha ricordato che il programma Daca è stato creato per «correggere molti degli errori del nostro sistema di immigrazione, in relazione soprattutto all’ambito dei giovani portati negli Stati Uniti da bambini».

Ricordando che tutti noi siamo «uniti in Cristo» come un unico corpo con gli immigrati in quanto tutti «figli di Dio» il pastore si è chiesto: «Quali benefici riceve la nostra nazione nell’inviare centinaia di migliaia di giovani nell’ombra della clandestinità? In che modo la chiesa beneficia di una società spaventata e costantemente in allerta»?

Nelson ha dunque esortato a «rimanere saldi nella lotta, a continuare a chiedere cambiamenti di politiche e a spendersi per ottenere le risposte più giuste. Usiamo questo anniversario come una chiamata a riaffermare i valori di solidarietà e giustizia ispirati da Dio».

Per proseguire: «Ci sforziamo di sollecitare i responsabili politici a creare un sistema che prenda in considerazione le esigenze umanitarie dei nostri vicini: siano essi nuovi arrivati o residenti di vecchia data negli Stati Uniti. Chiediamo alle forze dell’ordine di implementare le proprie direttive, in maniera tale che l’umanità, la dignità e la considerazione siano parole chiavi nell’approccio ad ogni singolo caso da analizzare».

La lettera si conclude con il versetto di Galati 6: 9: «E non ci scoraggiamo nel far il bene; perché, se non ci stanchiamo, mieteremo a suo tempo».

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