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PoorPeoplesCampaign. Usa, in manette per una preghiera davanti alla Corte suprema

Nove leader religiosi e ministri di culto, fra cui quattro donne, sono stati arrestati, spogliati delle loro vesti liturgiche e trattenuti una notte in stato di fermo

Nove leader religiosi aderenti alla #PoorPeoplesCampaign, iniziativa contro la povertà e l’ingiustizia a 50 anni dalla campagna per i poveri intrapresa da Martin Luther King, sono stati arrestati lo scorso 12 giugno per aver pregato a Washington D.C. davanti alla Corte suprema americana. Fra loro, anche la pastora e attivista presbiteriana Liz Theoharis, co-presidente del movimento, ammanettata per ultima con ancora la bandiera a stelle e strisce fra le mani. I nove, dopo esser stati privati delle loro vesti religiose, sono stati trattenuti in manetta per sei ore e hanno passato la notte in carcere. La stola di Theoharis con la scritta “Gesù era un povero” è stata acquisita dalle forze dell’ordine come “prova”.

La preghiera incriminata fa parte di una serie di azioni sistematiche di disobbedienza civile lungo un arco di tempo di 40 giorni, “#40DaysOfAction”, iniziate il 14 maggio scorso e sfociate in centinaia di arresti in tutti gli Stati Uniti.

La Poor People’s Campaign, piattaforma interreligiosa, fa appello a tutta la nazione per una «rinascita per sfidare i mali del razzismo sistemico, della povertà, dell’economia di guerra, della devastazione ecologica e della moralità distorta del Paese» e ha riunito decine di migliaia di persone in tutti gli Stati Uniti. William Barber, pastore e attivista della chiesa cristiana di Greenleaf dei Discepoli di Cristo in Nord Carolina che co-presiede la campagna, ha esortato a scendere ancora in piazza per manifestare lunedì prossimo.

«Rendiamo onore alla testimonianza profetica di questi leader e attivisti morali che in tutta la nazione continuano a mettere in gioco i loro corpi per la giustizia. Dobbiamo continuare a impegnarci nell’azione nonviolenta per un rinnovamento morale» ha twittato Barber.

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