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Condanne degli organismi di chiese dopo gli scontri al confine fra Gaza e Israele

Le principali sigle luterane mondiali e il Consiglio nazionale delle chiese statunitensi molto critiche nei confronti delle violenze e dell'apertura dell'ambasciata Usa a Gerusalemme

La drammatica escalation di violenza che ha fatto seguito alla decisione statunitense di spostare da Tel Aviv a Gerusalemme la propria ambasciata sta suscitando le reazioni di vari organismi di chiese a livello globale.

Primi a far sentire la propria voce sono i luterani per mezzo della Flm, la Federazione luterana mondiale che raggruppa 145 chiese nel mondo in rappresentanza di circa 74 milioni di fedeli. Come riporta l’agenzia stampa Nev- Notizie Evangeliche la Flm ha diramato un comunicato in cui dichiara sgomento per l’escalation di violenza e l’uso sproporzionato della forza contro i dimostranti al confine di Gaza in seguito alle quali sono morte oltre 50 persone e più di 2000 sono rimaste ferite: «La Flm esorta le parti coinvolte alla massima moderazione e ad adoperarsi affinché il conflitto si attenui. Nell’esprimere il pieno appoggio alla Chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra Santa, membro della Flm, e alla sua dichiarazione del 14 maggio contraria all’apertura dell’ambasciata USA a Gerusalemme, la Flm invita la comunità internazionale a promuovere con nuovo vigore una risoluzione pacifica del conflitto a lungo termine tra Israele e Palestina». La Chiesa luterana in Giordania e Terra Santa si è opposta fortemente all’apertura dell’ambasciata americana a Gerusalemme: «è una violazione del diritto internazionale, una decisione unilaterale che mina ogni possibilità di raggiungere una pace giusta sulla base delle risoluzioni Onu e che infatti ha accresciuto conflitti e tensioni nella regione» si legge nel documento.

La Federazione luterana si rammarica che la sua richiesta all’amministrazione statunitense di astenersi dal riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele sia stata ignorata. In occasione della sua XII assemblea mondiale a Windhoek in Namibia, nel maggio 2017, la Flm ha chiesto un accordo affinché si riconoscano due stati per due popoli, garanzie di sicurezza per Israele e Palestina, riconoscimento reciproco e pieni diritti per tutti i cittadini e una Gerusalemme condivisa tra israeliani e palestinesi con libero accesso ai luoghi santi per le tre fedi monoteiste, ebraismo, cristianesimo e islam.

A questa prima presa di posizione si è aggiunta quella della Chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra Santa (Elcjhl), mediante una lettera firmata ieri dal vescovo Sani-Ibrahim Azar, in cui «vengono condannate fermamente le uccisioni dei manifestanti e l’uso ingiustificato e sproporzionato della forza contro i civili disarmati…Crediamo che le azioni violente contro i civili palestinesi ostacoleranno il percorso verso la  pace e gli sforzi di riconciliazione, e porteranno solo a altra violenza e altri spargimenti di sangue. Oggi sono i 70 anni della Nakba palestinese, la catastrofe, ancora in corso, dello sfollamento del popolo palestinese. Il massacro al confine, insieme all’apertura dell’ambasciata americana a Gerusalemme, in diretta violazione del diritto internazionale, aumenta il pericolo di un’escalation. Invito il governo israeliano a mostrare moderazione e a proseguire i negoziati con i leader palestinesi piuttosto che scegliere azioni violente contro manifestanti disarmati». La Elcjhl ribadisce la propria posizione secondo la quale «qualsiasi accordo finale dovrà includere Gerusalemme quale città condivisa fra ebrei, cristiani e musulmani, con libero accesso a chiunque ai luoghi santi, e capitale sia della Palestina che di Israele. Continueremo a pregare, impegnarci e lavorare con fede ad una soluzione pacifica e giusta del conflitto. Chiediamo alle persone di tutto il mondo di unirsi a noi in preghiera».

Anche da oltre oceano arriva forte e chiara la presa di posizione del Ncc, il Consiglio nazionale delle chiese di Cristo negli Stati Uniti, che a sua volta raggruppa 38 chiese riformate, ortodosse, evangeliche in rappresentanza di oltre 40 milioni di persone (fra queste anche le principali denominazioni metodiste, battiste, episcopali, presbiteriane del paese): l’Ncc lamenta «il trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme. In passato abbiamo già avvertito che un’azione così imprudente avrebbe reso ancora più difficile il raggiungimento di una soluzione di pace». Nell’elencare il numero di vittime e di feriti non soltanto di questi ultimi giorni, ma delle ultime settimane il Consiglio nazionale delle Chiese Usa «condanna la risposta sproporzionata delle forze israeliane, che consideriamo un esempio tangibile del fallimento di Israele, degli Stati Uniti e della comunità internazionale nell’affrontare l’ingiustizia dell’occupazione israeliana delle terre palestinesi e nella capacità di giungere ad una soluzione comprendenti i due Stati». Secondo l’Ncc l’apertura dell’ambasciata a Gerusalemme, alla presenza fra l’altro di alcuni pastori evangelici, «illustra il crescente isolamento del nostro paese all’interno della comunità internazionale in riferimento alle politiche in quella regione. Non riuscendo a risolvere costruttivamente la prolungata crisi in Siria, e dopo un ritiro unilaterale dal piano d’azione globale nei confronti dell’Iran, ora i fatti di Gerusalemme riflettono l’apparente abdicazione degli Stati Uniti dal ruolo di sostenitore e partner del processo di pace».

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