Corte di giustizia europea: si può esigere lealtà etica dai dipendenti delle chiese
14 maggio 2018
La sentenza nel caso Egenberger/Diaconia evidenzia che una differenza di trattamento basata sulla religione non costituisce discriminazione laddove essa «rappresenti un requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento dell’attività lavorativa»
La Corte di giustizia europea si è espressa con la sentenza del 17 aprile scorso sulla controversia tra Vera Egenberger e l’Opera per la Diaconia e lo sviluppo della Chiesa evangelica in Germania (EKD). Oggetto del contendere, un risarcimento chiesto da Egenberger per una presunta discriminazione fondata sulla religione nell’ambito di una procedura di assunzione.
Come riporta il sito Notizie avventiste Vera Egenberger, esperta anti-discriminazione sosteneva di non essere stata assunta alla Diakonie, agenzia di sviluppo appartenente alla chiesa protestante tedesca Ekd, perché non professava la fede richiesta. Il contratto di lavoro a tempo determinato riguardava la stesura di una relazione parallela a quella dello Stato tedesco sulla convenzione internazionale delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. Per Egenberger, il rifiuto a darle il lavoro contrastava con la carta dei diritti dell’Unione europea e la sua direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione.
Diakonie ha risposto affermando di poter trattare i candidati ai posti di lavoro in modo diverso a causa delle eccezioni consentite dalla direttiva UE e dal trattato UE che forniscono garanzie alle chiese e alle organizzazioni religiose. Il tribunale del lavoro di Berlino aveva stabilito che V. Egenberger avesse subito una discriminazione e le ha assegnato un quinto dei 10.000 euro di risarcimento per danni che la donna aveva chiesto. Il caso è stato quindi portato al tribunale federale del lavoro di Erfurt, che a sua volta lo ha presentato alla Corte di giustizia europea.
Uno dei pilastri normativi sull’argomento è l’articolo 4 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio Europeo, per il quale si deve garantire parità di trattamento sul lavoro per evitare discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali. Lo stesso articolo dice che «una differenza di trattamento non costituisce discriminazione laddove, per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato».
Tale differenza di trattamento, come si legge nella sentenza, si applica tenendo conto di disposizioni e principi costituzionali degli Stati membri e del diritto comunitario, e non può giustificare una discriminazione basata su altri motivi: «La presente direttiva non pregiudica pertanto il diritto delle chiese o delle altre organizzazioni pubbliche o private la cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, e che agiscono in conformità delle disposizioni costituzionali e legislative nazionali, di esigere dalle persone che sono alle loro dipendenze un atteggiamento di buona fede e di lealtà nei confronti dell’etica dell’organizzazione».
Sul caso si è recentemente espresso Tiziano Rimoldi, decano della Facoltà avventista di teologia di Firenze ed esperto di diritto, su Notizie Avventiste.
La EKD rappresenta 20 chiese protestanti regionali in rappresentanza di oltre 20 milioni di protestanti in Germania.