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L’Iraq «rinasce» grazie al dialogo interreligioso

In Libano quaranta leader religiosi iracheni, sotto l’egida del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), si sono riuniti all’insegna del dialogo

Più di quaranta leader religiosi iracheni si sono riuniti a Beirut, in Libano, sotto l’egida del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) per una tre giorni di dialogo interreligioso costruttivo.

Identificare e analizzare le opportunità e le sfide legate alla coesione e evidenziare quanto sia importante oggi il ruolo delle comunità religiose e multiculturali in Iraq dopo tanti anni di conflitto, era l’imperativo.

I leader rappresentano tutto il tessuto religioso ed etnico iracheno: sciita, sunnita, sabeo, shabak, turkmeno, yazida, kaka’i e cristiano. L’incontro – unico nella storia recente –  intendeva condividere visioni e gli impegni futuri per il paese.

Il team operativo si è riunito dall’11 al 13 dicembre concentrandosi su quattro aree tematiche: istruzione, religione, costituzione e legislazione; tutte tappe fondamentali per poter raggiungere la migliore transizione possibile, all’insegna della cittadinanza inclusiva e della giustizia.

La conferenza è stata un’occasione propizia per iniziare una riflessione: «un dialogo che rafforzi la fiducia reciproca e consenta di interagire positivamente», ha rilevato il leader sciita Sheikh Yousif Al-Nasery, segretario generale degli studiosi religiosi Shura (il Consiglio consultivo della saudita) che ha proseguito «un dialogo che ci avvicina gli uni agli altri e che offre al popolo iracheno un bell’esempio di convivenza, di scambio interreligioso [...]. Quando ci s’incontra – ha proseguito  Al-Nasery –  si rafforza il riconoscimento reciproco e si mettono in luce gli errori commessi anche in passato. Tuttavia, solo utilizzando un dialogo schietto e sincero si potranno, un giorno, costruire le basi per ottenere uno stato civile e avanzato in Iraq».

Khaled al Mulla, musulmano sunnita di Baghdad a capo dell’Associazione degli studiosi iracheni, e membro dell’Alleanza nazionale irachena ha rimarcato, per parte sua: «non possiamo negare che alcuni atti violenti hanno radici nella religione e nei testi religiosi. Solo accettando questo fatto, potremo affermare il nostro ruolo di leader religiosi in ricerca di pace e giustizia, e dunque proporre i necessari rimedi per giungere agli obiettivi che ci siamo prefissati. Possiamo farlo promuovendo letture positive dei testi religiosi, imponendo al nostro interno e nelle nostre comunità discorsi moderati nei sermoni e nei commenti, addestrare i membri delle comunità ad accettare le diversità e promuovendo l’inclusione anche attraverso il riconoscimento etnico».

Waheed Mandoo Hammo (il primo ministro del governo provvisorio di Ezidikhan in Iraq e rappresentante della comunità yazida) ha salutato l’incontro interreligioso come il primo importante passo verso la pace e la collaborazione reciproca.

Sua Eminenza l’Arcivescovo Avak Assadourian, primate della diocesi armena dell’Iraq e segretario generale del Consiglio dei dirigenti della Chiesa cristiana in Iraq, ha chiosato, «tutti conosciamo i problemi e le questioni che ci hanno diviso in passato e che ancora oggi provocano dissidi, tuttavia, nessuno di noi ha escogitato una vera e concreta strategia per porvi rimedio. Pertanto, mi auguro che possa esserci presto un prossimo incontro dove poter avere più tempo a disposizione per elaborare insieme e in piccoli gruppi, una strategia d’azione condivisa per risolvere le questioni ancora aperte e mettere in campo azioni concrete per porvi rimedio».

La dichiarazione finale dei leader auspica, «oggi che il gruppo terroristico dell’Isis, è stato finalmente sconfitto», che il dialogo tra il gruppo, «in questa delicata fase ma utile per costruire la necessaria stabilità», possa proseguire. E che questo dialogo sia accompagnato dallo sviluppo di un piano d’azione strategico e di attività tra per affrontare le future sfide.

Leggi la dichiarazione finale sulla coesione sociale

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