Arrestato in chiesa pastore battista in Zimbabwe
27 settembre 2017
Ewan Mawarire è fra i leader della protesta pacifica contro il regime di Robert Mugabe, al potere da oltre 35 anni
Il pastore battista Ewan Mawarire, uno dei leader della contestazione anti Mugabe in Zimbabwe, è stato nuovamente arrestato domenica 24 settembre, questa volta addirittura durante il culto, in chiesa.
Fondatore del movimento «#ThisFlag» il pastore evangelico è fra gli animatori delle proteste contro il regime logoro e violento dell’ultranovantenne Robert Mugabe, al potere da oltre 35 anni.Manifestazioni pubbliche e la denuncia delle condizioni di vita della popolazione sono costati già vari arresti al pastore negli ultimi anni. In quest’ultima occasione è stato raggiunto dalle forze dell’esercito mentre stava celebrando il culto in un tempio della capitale Harare. La colpa, secondo il suo avvocato, sarebbe stata quella di aver diffuso un video che mostrava la penuria di carburante nel paese, con la gente costretta a lunghe code alle stazioni di rifornimento.«E’ stato accusato di tentativo di sovversione dell’ordine costituzionale – ha dichiarato alla stampa l’avvocato – ed ora è detenuto al commissariato centrale di Harare.
Come dicevamo, il pastore Mawarire è stato arrestato varie volte, soprattutto nel corso del 2016. E’ il promotore della campagna «#ThisFlag» per invitare la popolazione a presentarsi sempre con la sciarpa della nazione al collo, come lui stesso ha iniziato a fare, per manifestare l’amore per il paese, martoriato da un tasso di disoccupazione del 90% e dalla disintegrazione del welfare sociale e delle strutture scolastiche. Lo scorso luglio era stato scarcerato dopo pochi giorni in quanto il giudice aveva ravvisato un vizio di forma nel suo arresto. Tuttavia, minacciato di morte e preoccupato per i figli e per la moglie, al tempo incinta e molestata in strada, si è spostato con la famiglia prima in Sud Africa e poi negli Stati Uniti. In America ha lasciato moglie e i tre figli per tornare a giocare un ruolo nel paese natale.Anche in quell’occasione è stato fermato appena giunto all’aeroporto e accusato di incitazione alla violenza e sabotaggio delle attività governative.Dopo l’udienza nel marzo di quest’anno, è stato liberato sotto cauzione ma il passaporto gli è stato confiscato. L’ultimo arresto risaliva al 26 giugno, in seguito all’aver organizzato varie preghiere con gli studenti di medicina dell’università centrale per protestare contro gli aumenti delle tasse scolastiche.
Secondo Belinda Moses, direttrice del programma Africa australe di Amnesty International «il pastore continua a essere il bersaglio di un regime che cerca di incriminarlo per la sua libertà di espressione e per le pacifiche riunioni e manifestazioni organizzate. Evan Mawarire è un prigioniero d’opinione e deve essere liberato subito e senza condizioni».
Mawarire, che dice di avere anche lui due armi a disposizione, «una bandiera e una Bibbia» non è il solo pastore in prima linea contro le ingiustizie del governo. Nell’ottobre di un anno fa il pastore pentecostale Patrick Mugadza aveva scritto una lettera direttamente a papa Francesco per chiedergli di scomunicare Mugabe, che invece assiste regolarmente alle messe in Vaticano, presente anche il giorno dell’elezione del nuovo pontefice nel 2013. Dal Vaticano nessuna notizia, mentre Mugadza non è scampato all’arresto il 16 gennaio di quest’anno ad Harare.
Lo Zimbabwe sta vivendo anni di crisi economica e sociale enorme. La speranza di vita è di 43 anni,una della più basse al mondo, precipitata se è vero che solo nel 2000 era di 60 anni, mentre il tasso di mortalità infantile è dell’81 per mille. Il motivo principale del drastico crollo è legato alla diffusione dell’Aids, con un terzo della popolazione sieropositiva, il quarto tasso più alto al mondo.
L’inflazione galoppa con numeri a talmente tanti zeri da non poter nemmeno esser scritti, la benzina è carente, il servizio telefonico non funziona. In questo clima da fine del mondo ogni minima manifestazione di dissenso viene sedata con arresti e violenze e le stesse organizzazioni internazionali faticano ad operare nel paese perché bollate come spie dei governi esteri.