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Myanmar. Migliaia di Rohingya in fuga

La scorsa settimana più di 2.600 case sono state bruciate nello stato di Rakhine costringendo la minoranza musulmana a trovare riparo in Bangladesh

Più di 2.600 case sono state bruciate nel corso degli scontri avvenuti la scorsa settimana tra esercito birmano e ribelli dell’Arakan Rohingya Salvation Army (ARSA), nello stato di Rakhine, nel nord-ovest del Myanmar, a maggioranza Rohingya.

Secondo l’Acnur, l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, sono circa 60.000 i musulmani Rohingya che, da quando le violenze sono scoppiate, lo scorso 25 agosto, hanno abbandonato le proprie case per cercare riparo in Bangladesh: uomini donne e bambini si sono messi in marcia, superando montagne, percorrendo sentieri impervi tra paludi e campi di riso allagati. Arrivati al fiume Naf, che segna il confine con il Myanmar, i profughi si sono accalcati su barche e hanno tentato la traversata. Giorni fa la corrente ha rovesciato alcune imbarcazioni e 46 cadaveri sono stati recuperati sulla sponda bengalese: 19 bambini, 18 donne e 9 uomini è il bilancio della tragedia.

Il Bangladesh, che ospita già oltre 400mila rifugiati Rohingya arrivati in questi anni di persecuzioni, ha chiuso le frontiere e circa 20mila persone sono bloccate al confine con il Paese.

I Rohingya sono un gruppo etnico prevalentemente musulmano di un milione circa di persone, che abitano il Rakhine, la regione più povera del Myanmar. Vennero al seguito dei britannici ai tempi dell’Impero delle Indie ma non sono mai stati accettati dalla maggioranza buddista della Birmania, oggi Myanmar. Lo Stato non li considera cittadini e non garantisce loro alcun diritto, né all’istruzione né alle cure sanitarie. La situazione non è cambiata nemmeno nel 2015, quando è arrivata al potere Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, il cui silenzio sulla situazione dei Rohingya è finora stato assordante.

Le Nazioni Unite ritengono che il governo del Myanmar stia compiendo una pulizia etnica ai danni della minoranza, e lo accusano di crimini contro l’umanità. Dal canto suo il governo birmano rifiuta le accuse sostenendo che l’esercito sta combattendo contro i ribelli ritenuti «terroristi estremisti» e non sta commettendo rappresaglie contro i civili.

Immagine: via Flickr

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