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Da Capetown ad Agape: l’esperienza di Mzi e Sbosh

Due leader di comunità sudafricani raccontano la loro esperienza, resa possibile grazie a un progetto di scambio con l’Italia

Sono passati ormai oltre vent’anni dalla fine del regime dell’Apartheid in Sudafrica. Prima di allora, per un giovane di questa nazione, era semplicemente impossibile anche il solo pensiero di un’esperienza all’estero. Tuttavia, anche ai giorni nostri quello che sarebbe il sogno di numerosi ragazzi sudafricani è reso proibitivo dalle condizioni economiche in larga parte ancora deficitarie in diverse aree del Paese. Grazie a un progetto dedicato messo in piedi dall’associazione non profit Rainbow Media, questo sogno è diventato realtà per Sbosh e Mzi, due leader di comunità provenienti da un quartiere economicamente e socialmente svantaggiato nei pressi di Cape Town, capitale legislativa del Sudafrica.

Affinare competenze e intessere relazioni: questi i principali obiettivi del progetto Icle – International Cultural Leadership Exchange, reso possibile da una campagna di crowdfunding che ha raccolto i fondi per coprire le spese di viaggio, oltre che dal grande lavoro di supporto svolto da Agape Centro Ecumenico, dal Comune di Reggio Emilia, dal Consolato d’Italia a Cape Town e da numerosi soci e simpatizzanti di Rainbow Media che hanno messo a disposizione del progetto il loro tempo, le loro case e le loro risorse.

Nelle scorse settimane Sbosh e Mzi hanno passato tre settimane proprio ad Agape, trascorse tra il lavoro volontario e la partecipazione a un seminario internazionale sulla migrazione. «Una settimana – ci racconta Sbosh – densa di scambi e confronti su un tema molto attuale anche nel nostro paese. Le diverse modalità di interazione nella relazione d’accoglienza con i rifugiati e i migranti e la ricchezza che da questa relazione si può generare è l’aspetto che più mi è rimasto da questa bella esperienza».

Una collaborazione che ha radici lontane, quella tra Rainbow Media e Agape, come ci spiega Sara Marta Rostagno, vice direttrice del Centro Ecumenico. «Da sempre Agape è sinonimo d’incontro e scambio che spesso genera relazioni durature e proficue. Così è stato oltre dieci anni fa con Annalisa Contrafatto, che successivamente si è trasferita in Sudafrica dove ha poi fondato Rainbow Media». Dopo anni di percorsi molto simili tra loro anche se distanti dal punto di vista geografico, le strade di Sara Marta e Annalisa si sono nuovamente incontrate, dando vita a questo progetto che si propone di essere il prologo di un disegno più ampio e articolato. «Se l’esperienza sarà positiva – spiega Annalisa – vorremmo dare vita ad un progetto che preveda in futuro uno scambio regolare di volontari fra Italia e Sudafrica».

L’esperienza di Sbosh e Mzi proseguirà con alcune giornate a Torino, Milano e Reggio Emilia, durante le quali avranno l’opportunità di entrare in contatto con enti pubblici e con realtà del terzo settore che mettono lo sviluppo di comunità al centro delle loro pratiche. Anche se l’esperienza deve ancora terminare, i due leader di comunità possono già trarre alcune parziali conclusioni: «Ci porteremo certamente a casa – asserisce Mzi – un’esperienza altamente formativa ed emotivamente ricca. Qui abbiamo imparato il grande valore del lavoro di squadra e la perseveranza che si acquisisce con il perseguimento di obiettivi comuni. Inoltre abbiamo arricchito la nostra concezione di leadership, basata sulla condivisione e l’empatia».

Un bagaglio prezioso da riportare nella propria comunità, dove i due giovani, con la loro organizzazione Ubuntubethu (che significa Umanità) svolgono un prezioso lavoro attraverso le molteplici attività promosse: dalla radio di comunità IQFM all’attività di doposcuola, passando per l’assistenza ai disabili e, di recente, anche una squadra di calcio chiamata Tsunami. Un’esperienza che sarà messa a disposizione della township, nella speranza che l’arcobaleno che unisce il Sudafrica all’Italia possa essere in futuro il ponte da percorrere per numerosi altri giovani e per i loro desideri.

Guarda il video dell'intervista:

 

 

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