Cresce il terrore nelle Filippine
13 giugno 2017
Gli scontri a Marawi tra jihadisti ed esercito confermano la diffusione del terrorismo islamico nel paese
Fra i 500 e gli 800 terroristi del gruppo Maute, affiliato allo Stato islamico, lo scorso 23 maggio hanno occupato con un blitz militare Marawi, la città principale della provincia di Lanao del Sur, nella Regione autonoma del Mindanao musulmano.
Più di centomila abitanti sono riusciti a fuggire ma 19 civili di cui otto cristiani sono stati assassinati nelle prime fasi dell’attacco. Gli abitanti musulmani sarebbero stati avvertiti, nei giorni precedenti, di lasciare la città per non trovarsi al centro degli scontri.
Tra le vittime anche il prete cattolico Teresito Suganob, rapito il 23 maggio mentre celebrava la messa nella cattedrale della città, data poi alle fiamme. In un video diffuso il 30 maggio, attribuito al gruppo terrorista, il sacerdote lanciava un appello al presidente Duterte affinché facesse cessare i bombardamenti. A reclamare a gran voce la liberazione di Suganob, anche numerosi leader religiosi musulmani.
Negli ultimi anni diversi gruppi terroristi hanno preso piede nel paese: a favorire la loro diffusione, al di là dell’ideologia che fa leva leva sui ragazzi disagiati e non scolarizzati, sarebbero i compensi garantiti a coloro che si uniscono alle milizie, le pressioni sulle famiglie affinché affidino a Daesch i loro figli (persino bambini).
Terzo elemento rilevante, il sostegno internazionale che arriva da parte di paesi come l’Arabia Saudita a questi gruppi con l’intento di destabilizzare l’area.
I cristiani erano già stati oggetto di attacchi e violenze, nei mesi precedenti, per lo più taciuti dai mezzi di informazione nazionale, ma la situazione è diventata sempre più grave con la diffusione dell’estremismo islamico: se prima il dialogo interreligioso era possibile, anzi ben avviato, con l’arrivo dei combattenti sono cominciati gli scontri. Un terrorismo di importazione, per lo più dal Medio Oriente, che però mette radici nel terreno locale, dal momento che i Maute, da cui prende il nome il gruppo, sono una famiglia originaria di Marawi e sono stati due fratelli, Omar e Abdullah, a fondarlo nel 2012. La cellula è una delle tre entità che si sono affiliate a Daesch nelle Filippine, insieme a Abou Sayyfat e Biff (Combattenti islamici per la libertà di Bangsamoro). L’attacco di Marawi è il primo a essere sferrato in modo coordinato dai tre gruppi, e segue il drastico aumento delle violenze in seguito al tentativo fallito di arresto di un leader terrorista locale da parte dell’esercito.
Il 4 giugno, dopo che i pesanti bombardamenti l’avevano praticamente distrutta, l’esercito ha ripreso il controllo della città dichiarando il cessate il fuoco, ma i miliziani fuggiti hanno preso in ostaggio decine di cristiani per usarli come scudi umani o come merce di scambio, ha denunciato l’associazione Aiuto alla chiesa che soffre (Acs), e gli scontri sono tutt’altro che conclusi.