«Non dissipare la cultura dell’accoglienza»
06 marzo 2017
In una lettera rivolta ai parlamentari cantonali, la Chiesa riformata del Vaud chiede di modificare la norma sull’espulsione di stranieri dalla Svizzera
«Vi invitiamo a non dissipare la cultura dell’ospitalità sviluppata fino a oggi nella nostra società» si legge in una lettera scritta dai vertici della Chiesa riformata del cantone del Vaud e indirizzata ai 150 deputati che compongono il parlamentino cantonale. «La politica delle espulsioni secondo il metodo “Dublino” – continua il testo - non fa altro che aumentare l’enorme pressione che già sopportano nazioni saturate da una complessa situazione migratoria. Le testimonianze della nostra comunità sorella, la Chiesa valdese, attestano le immense difficoltà che questi rinvii causano in Italia. Peggio ancora, spesso tali provvedimenti riguardano soggetti altamente vulnerabili quali donne e bambini. Vi invitiamo per questo a non peggiorare la situazione attuale, costringendo di fatto molti alla clandestinità per sfuggire ai respingimenti».
A metà febbraio è stata la diaconia protestante elvetica (Eper) a far sentire la propria voce rivolgendosi sempre ai medesimi interlocutori, invitando in particolare a rifiutare le norme in discussione che vanno a facilitare gli arresti e le perquisizioni di persone colpite da provvedimenti di espulsione, anche se la fedina penale risulta immacolata: «deve essere chiaro che la decisione di tornare nel primo paese dello spazio Schengen in cui si è giunti, o piuttosto rimanere in Svizzera, è spesso una scelta dettata dalla presenza nel nostro paese di parenti già qui magari da tempo. Inoltre bisogna pensare alle precarie condizioni che tali soggetti potrebbero affrontare una volta rispediti in Italia o in Grecia, nazioni che da sole stanno sopportando numeri enormi e che faticano a offrire sistemazioni e accoglienza dignitosa a tutti gli interessati».
Xavier Paillard, presidente del consiglio sinodale della Chiesa riformata del Vaud così commenta: «il nostro non è un diktat rivolto ai politici. Vuole semplicemente essere un promemoria per richiamare quelli che sono i valori che appartengono a noi tutti, invitando i deputati a riflettere con responsabilità su un tema tanto delicato. Si tratta di una comunicazione privata». Che però nell’era di internet e dei social media ha in fretta trovato visibilità a seguito della pubblicazione di uno dei destinatari, raccogliendo al momento varie e partecipate adesioni.
I vari cantoni sono chiamati a adeguare le proprie disposizioni alla nuova legge federale sul diritto di asilo entrata in vigore lo scorso primo ottobre, che prevede fra l’altro sanzioni pecuniarie per i cantoni che ritardano le espulsioni dei migranti.
Intanto sta facendo clamore il caso del deputato proprio del cantone del Vaud, Manuel Donzé, che nei giorni scorsi ha subito una perquisizione al proprio domicilio (non è ancora chiaro ordinata da chi) dalla quale è emerso che il parlamentare stava ospitando un profugo afghano che avrebbe dovuto essere espulso, perché senza i requisiti per rimanere in Svizzera. Le molte associazioni che lavorano a fianco dei migranti e lo stesso deputato hanno reagito con forza, denunciando il clima di intimidazione presente, proprio in un momento in cui il cantone sta discutendo le norme sul diritto di asilo.
Nel 2016 la Svizzera ha re-inviato in un paese Schengen (per lo più Italia e Grecia) 3750 stranieri.