Dall’Arizona alla Val Roya: chi lotta contro le frontiere si sente vicino
15 febbraio 2017
In dialogo con Francesco Sciotto in Arizona e Cédric Herrou in Val Roya per trovare i punti comuni di chi aiuta il prossimo sui confini bloccati
Il 10 febbraio l’agricoltore francese Cédric Herrou è stato condannato dal tribunale di Nizza a una multa di 3.000 euro con la condizionale per aver aiutato alcuni profughi a passare il confine tra Italia e Francia. La situazione dei migranti bloccati sul confine francese va avanti dal giugno 2015 e spesso molti provano a passare sui colli o sulle strade carrabili a rischio della propria vita.
Cédric Herrou è stato assolto da altri capi d’accusa per i quali rischiava fino a otto anni di carcere: «se ci fosse stato un appello il processo sarebbe durato ancora un anno e mezzo – racconta Herrou – e direi che è stato un successo perché non sono stato condannato per aver ospitato dei migranti, ma solo per averli aiutati ad arrivare in Francia da Ventimiglia. Questo ci dice che abbiamo il diritto di ospitare e trasportare le persone che hanno bisogno di aiuto sul suolo francese anche se irregolari».
Dopo una sentenza che in qualche modo scagiona dal cosiddetto “reato di solidarietà”, la strategia dell’agricoltore e degli attivisti che lo sostengono cambierà. «Sarà più giuridica, si dovrà infilare nelle falle dello stato francese: per esempio – continua Herrou – sui rimpatri sistematici e illegali dei minori soli. I francesi riportano i minori non accompagnati al confine, anche se dovrebbero essere presi in carico dalla Francia, aggravandone i problemi. Noi allora riprendiamo i bambini che sono stati portati in Italia illegalmente e con degli avvocati rifacciamo i documenti perché possano essere reintegrati sul nostro territorio».
Oltre a diverse critiche, Herrou ha anche ricevuto molta solidarietà: «Pagare 3000 euro non sarà un problema. Io non li ho personalmente, ma le persone sono solidali. In questi mesi abbiamo avuto sostegno finanziario, morale, politico, e materiale da parte di molti».
Un sostegno che in questi giorni arriva anche dagli Stati Uniti, dove si trova il pastore Francesco Sciotto, per il progetto Effee, che dice: «ho raccontato la storia di Herrou perché in fondo assomiglia a quella dei Samaritans, ovvero qualcuno che si trova a vivere vicino alla frontiera e che cerca di sostenere e aiutare le persone. Interessante che alla fine di questo mio racconto i volontari che erano con me abbiano deciso di fare una raccolta fondi e di destinare i soldi raccolti alle attività di Cedric e del suo collettivo. Più che per il denaro, conta il gesto simbolico: dove c’è una frontiera ci sono persone che con il loro impegno quotidiano cercano di contrastare la politica delle chiusura. Questo dice che chi lotta contro le frontiere si sente vicino, le abbatte nel comune impegno».
Parliamo spesso di frontiera come spazio comune che divide paesi e popoli, ma lo stesso concetto è molto diverso in parti del mondo differenti, al di là della geografia. «La frontiera che io ho conosciuto negli Stati Uniti – dice Sciotto – è un muro, un enorme muro metallico militarizzato, costruito in questo caso tra Arizona e Sonora, dal quale comunque passano degli immigrati, anche favoriti dai trafficanti. Io sono impegnato in questi giorni con i Samaritans, gruppo nato all’interno della chiesa cristiana di Good Shepherd, che si occupa di sostenere le persone che migrano, portando l’acqua nel deserto, cercando i migranti per aiutarli o andando al tribunale per vedere come è stata messa in piedi la catena di criminalizzazione che si chiama Operation Steamline, in cui tutti i migranti vengono portati davanti a un giudice per dichiararsi colpevoli di avere attraversato la frontiera, poi vengono messi in carcere prima di essere deportati».
L’esperienza americana e quella francese hanno però in comune una consapevolezza: quella che non sono il mare, il deserto o le montagne a uccidere le persone, ma le frontiere: «la retorica della frontiera potrebbe essere fuorviante – continua il pastore Sciotto – non è il Mediterraneo che ammazza le persone, ma chi obbliga le persone ad attraversarlo e le politiche che permettono o impediscono determinati comportamenti. Quando c’era l’operazione Mare Nostrum e le nostre navi andavano a recuperare le persone in alto mare morivano molte meno persone, questa è la realtà».
«Sia in Francia, sia in America – conclude invece Cédric Herrou – è importante tornare a partecipare come cittadini e non lasciare la politica solo ai politici di professione. La partecipazione è parte integrante della democrazia. Se c’è un problema bisogna regolarlo in modo intelligente: non è solo umanità, ma anche intelligenza politica di risolvere i problemi. Non è ferendo le persone che si risolve il problema della migrazione, così come non bisogna credere che rendendo fragili i popoli o le religioni si arresterà il flusso migratorio. Gli americani con Trump sono molto spaventati, e hanno ragione. Forse auspicano un movimento come il nostro nel loro paese, per sensibilizzare le persone, per lottare contro la stigmatizzazione delle frontiere. Ma non sono solo gli americani con Trump che devono preoccuparsi, anche qui in Francia con le prossime elezioni in avvicinamento, così come in Italia e nel resto d’Europa. Le frontiere come barriere sono negative e l’Europa è stata costruita anche su questa consapevolezza».