Marcia congiunta arabo-israeliana per la pace
07 febbraio 2017
Migliaia di persone in strada per chiedere la fine delle demolizione forzate dei villaggi palestinesi
Migliaia di persone, arabi e ebrei, hanno marciato insieme sabato sera a Tel Aviv per protestare contro le demolizione delle case nei villaggi di Kalansua e Umm al-Hiran nelle ultime settimane,e contro le ulteriori misure per demolirne altre.
Secondo gli organizzatori hanno partecipato circa 5.000 manifestanti in un corteo che si è snodato fino a piazza Dizengoff.
Ad organizzare la giornata sono state associazioni ebraiche e arabe in maniera congiunta, segnale della nuova fase di questa lotta civile che vede le due comunità protestare fianco a fianco contro le distruzioni di edifici fortemente volute dal governo guidato da Benjamin Nethanyau. Le motivazioni per gli abbattimenti sono solitamente legate a questioni di presunta sicurezza e agibilità degli edifici, mentre in realtà le associazioni denunciano la sistematica e programmata distruzione degli edifici arabi, in maniera tale da garantire una presenza solamente ebraica in aree sempre più vaste di Israele.
Gli interventi dal palco sono stati in lingua araba e ebraica, così come le bandiere che sventolavano portavano i colori dei due popoli.
Amal Abu Sa’ad, vedova di Yakub Abu al-Kiyan, ucciso il mese scorso durante le operazioni di demolizione del villaggio beduino di Ummal-Hiran, nel Negev, era fra la folla ed ha espresso i propri sentimenti ai microfoni: «E’ importante per me stare qui in mezzo a voi, per trasmettere tutti insieme un messaggio chiaro al primo ministro e ai suoi ministri. Nonostante il loro incitamento selvaggio e le discriminazioni nei servizi offerti e nei diritti vilipesi non riusciranno a dividere i cittadini di questo paese. Tutti voi che siete qui oggi siete la prova che ebrei e arabi possono e vogliono vivere insieme con uguaglianza».
La donna ha chiesto al governo di istituire una commissione d’inchiesta indipendente per indagare sulle modalità di evacuazione di Umm al-Hiran. L’incidente che ha coinvolto suo marito ha contorni ancora poco chiari: l’uomo, in auto, stava tentando di recuperare effetti personali dalle baracche durante l’improvvisa e violenta azione dei militari, ed ha forzato un blocco stradale. Immediata la reazione della polizia che ha sparato uccidendo al-Kiyan, la cui auto ha però continuato nella corsa investendo e uccidendo a sua volta un poliziotto israeliano. Si tratta delle ennesime vittime di un conflitto lungo e dannoso. E’ in crescita il numero di fedeli ebrei che partecipano a simili manifestazioni, con la volontà di denunciare le violenze delle forze speciali e le iniquità delle demolizioni forzose degli edifici e degli insediamenti arabi.
Dalla nascita di questa lista comune che raggruppa molte associazioni ebraiche e palestinesi è cresciuta dalle due parti la consapevolezza dell’importanza strategica del movimento, soprattutto nella costruzione di ponti per il dialogo e la cooperazione con le forze democratiche nella società israeliana.
In barba a quanto appena detto, la Knesset, il parlamento israeliano, ha approvato la norma che legalizza in maniera retroattiva migliaia di abitazioni israeliane in Cisgiordania, illegali secondo il diritto internazionale perché costruite in aree che dovrebbero essere di proprietà araba. Critiche giungono anche da parte israeliana, con il procuratore generale Avichai Mandelblit che ha definito tale norma incostituzionale.